Solo per due giorni, il 26 e il 27 gennaio, potrete vedere in sala con la Lucky Red, un evento speciale per la giornata della memoria, il bellissimo e toccante film di Lola DoillonIl viaggio di Fanny, un lavoro che non dimenticherete tanto facilmente.
È una donna distrutta quella che incontriamo nelle prime immagini de Il viaggio di Fanny. È bella, bionda e angosciata perché costretta a lasciare le sue bambine, Fanny di tredici anni e le sue due sorelline di otto e sei, nell’atrio di una casa. Siamo nella Francia occupata del 1943. Lei è ebrea e la sua fuga insieme a loro, potrebbe essere troppo rischiosa. Così rischiosa che non le rivedrà mai più.
Ispirato, al romanzo omonimo, il film racconta il pericoloso viaggio di Fanny, le sue sorelline ed un gruppetto di ragazzini ebrei durante l’occupazione tedesca per raggiungere una colonia in montagna. Dapprima il gruppo è eterogeneo ma appena arrivano i molteplici e pericolosi problemi connessi ad una fuga rischiosa, è lo spirito di solidarietà a prevalere e a farli aiutare a vicenda tentando, dopo infinite peripezie, di raggiungere il confine con la Svizzera per mettersi in salvo.
Preparate i fazzoletti, perché questa storia vera, vi toccherà profondamente facendovi scoprire l’importanza dell’amicizia e della solidarietà infantile, dove i ragazzi oltre ad incontrare gente che li vuole morti, troveranno, sulla loro strada, persone dal grande cuore disposte anche ad affrontare la morte per aiutarli.
Inutile dire che i piccoli interpreti sono tutti semplicemente straordinari a cominciare dalla protagonista, Fanny (Léonie Souchaud), così convincente da seriamente nella storia. “Per loro recitare è un gioco, sono molto istintivi” spiega la regista mentre Léonie da parte sua aggiunge che “Lola, sul set, aveva un modo di fare le cose molto giocoso. Era paziente. Quando una cosa non ci riusciva , ci spiegava con calma senza innervosirsi. Si prendeva tutto il tempo necessario per rifare una scena fino a che non ci riuscivamo”.
Un film difficile da raccontare senza cadere nel sentimentalismo e nel pathos scontato, ma la Doillon ha tenuto saldamente in pugno l’andamento della vicenda senza nulla concedere alle emozioni epidermiche… “Volevo raccontare la storia di chi è costretto a vivere e crescere velocemente – sottolinea la regista – ed il nucleo del lavoro si incentra sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza e sulle esperienze emotive di questi giovani eroi. Ecco allora l’angoscia che viene dalla violenta e forzata separazione, la paura dell’ignoto, dell’oblio, della morte …che Fanny combatte usando una macchina fotografica dove conserva tutti i ricordi belli ed importanti per aiutarla a superare proprio i momenti più difficili”.
L’autrice dell’autobiografia Fanny Ben-Ami, che adesso vive in Israele, al principio, leggendo il copione, e non riconoscendone la sua storia nella sua integrità era rimasta leggermente perplessa e scrisse a Lola per puntualizzare “Le cose non erano andate esattamente così… ma sono molto felice che questo sia un film di finzione e non un documentario perché gli spettatori devono potersi calare nei personaggi, provare empatia, soffrire o ridere insieme a loro”.
Mariangiola Castrovilli