La verità sul caso Orlandi è un romanzo nato da una storia vera. Vito Bruschini l’ha scritto con il cuore, partendo dalle emozioni che questo caso suscitò allora quando improvvisamente scomparve questa ragazzina, Emanuela Orlandi, cittadina vaticana. Ne parliamo con l’autore.
Fu un giallo molto seguito allora, in quel lontano 1983 e nonostante le incessanti ricerche, nulla si è più saputo di cosa fosse veramente accaduto a questa giovane vita. Visum ha incontrato l’autore di La verità sul caso Orlandi, Vito Bruschini.
Come nasce l’idea di questo libro – inchiesta?
“Ci tengo a precisare che ‘La Verità sul Caso Orlandi’ non è un’inchiesta, non è un saggio, ma come tutti gli altri miei libri parte da situazioni ed eventi reali che mi aiutano a costituire la struttura di una storia romanzata. Il saggio dà informazioni, i miei libri invece si basano sulle emozioni che l’intreccio di un racconto e le azioni dei personaggi possono suscitare nei lettori. L’idea è stata del mio editore e di Roberto Faenza che volevano riportare al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi attraverso un film e un libro”.
E’ nelle sale il film di Roberto Faenza “La verità sta in cielo”, un titolo abbastanza esplicativo del mistero di Emanuela Orlandi….
“La frase del titolo del film è di Papa Francesco. Quando Pietro Orlandi lo incontrò dopo la sua elezione al soglio pontificio, gli chiese di aiutarlo a chiarire il mistero del rapimento di sua sorella. Il papa nell’occasione tentò di consolarlo dicendogli di non cercarla più perché Emanuela ormai era in cielo. In realtà Pietro, ormai da oltre 33 anni si affanna a cercare la verità sulla scomparsa della sorella qui, sulla terra”.
Quanto tempo ci ha lavorato e chi l’ha aiutata nel reperimento delle notizie?
“La fatica più improba è stata quella di discernere le notizie vere da quelle fasulle. Ho cercato soprattutto di contestualizzare l’intera vicenda a quei primi anni Ottanta, anni preparatori di una rivoluzione epocale della nostra società. Lo spartiacque è il 1989, il crollo del muro di Berlino, cioè il disfacimento dell’impero sovietico. Se oggi viviamo questa crisi – sottolinea l’autore – lo dobbiamo a quel periodo e il sequestro della Orlandi è stato un granello di sabbia gettato dai suoi sequestratori nel complesso ingranaggio della Storia che volevano inceppare, ma che tuttavia non sono riusciti a modificare. La sua scomparsa doveva spingere Wojtyla a fare marcia indietro nella sua lotta contro il comunismo – continua – che in quegli anni era focalizzata nello scontro tra il sindacato Solidarnosc e il governo filosovietico polacco di Jaruzelsky. Come sappiamo il papa non si è lasciato influenzare. Emanuela però non è più tornata a casa, ma il comunismo è finito. Il mio romanzo racconta appunto l’intero percorso di questa immane tragedia”.
Quanto c’è di romanzo e quanto di verità? Seguire il percorso che ha tracciato degli intrighi internazionali è veramente difficile e inquietante….
“Le mie invenzioni riguardano esclusivamente la prigionia di Emanuela. Per la prima volta in un libro viene descritto quello che una ragazza di quindici anni possa aver subito emotivamente nelle settimane in cui è rimasta prigioniera dei suoi carnefici. Molti hanno criticato questa mia scelta, ma ci tenevo a raccontare le sue paure, le sue speranze, il suo smarrimento perché in tutti questi anni spesso si è dimenticato che alla base dell’intera vicenda c’era una fragile ragazzina con i suoi sogni, le sue speranze, i suoi desideri di giovinetta. Questo è il cuore della vicenda raccontata nel romanzo”.
La scomparsa di Mirella Gregori, l’altra ragazza che in quel periodo fu messa in relazione con Emanuela Orlandi, passò allora quasi sotto silenzio e anche nel suo libro è appena accennata. Il clamore per Emanuela si può quindi imputare al fatto che fosse cittadina vaticana?
“Cinque settimane prima del sequestro della Orlandi da Roma scomparve anche un’altra ragazza della stessa età di Emanuela, ma Mirella era cittadina italiana, a differenza della sua coetanea che era invece cittadina vaticana. Mentre di Emanuela si hanno tracce certe fino a tre mesi dopo il suo rapimento, della Gregori non si seppe più nulla dal giorno stesso della sua scomparsa. Nessuno chiese mai un riscatto. Soltanto qualche tempo dopo i telefonisti che contrattavano per il rilascio della Orlandi fecero per la prima volta anche il suo nome. Ma ancora oggi non so quanto i due sequestri possano essere frutto di un unico disegno”.
La figura di Maria, la giornalista che ha seguito dall’inizio il caso è molto curata nel libro, quanto corrisponde alla realtà?
“Maria Russel è un personaggio di fantasia. E’ un personaggio di donna molto complesso, direi anche molto attuale, con le sue contraddizioni, le sue paure e anche le sue scelte che potrebbero anche non essere condivise, come quella di aver scelto la carriera al posto del suo ruolo di mamma. La vicenda di Maria è speculare a quella di Emanuela perché è attraverso il dramma dei genitori della ragazza scomparsa che lei comprende quanto ha perduto in affetti, nell’aver rinunciato a crescere sua figlia, affidandola al padre”.
Ora che il lavoro di indagine è stato concluso e il libro pubblicato, cosa pensa sia realmente accaduto ad Emanuela?
“Il fratello Pietro Orlandi ha dichiarato che finché non vedrà i suoi resti mortali continuerà a cercarla e a considerarla viva. Personalmente non credo che sia così. In tutti questi anni avrebbe avuto modo di mettersi in contatto con qualcuno della famiglia, quindi purtroppo la povera Emanuela deve trovarsi in cielo, come ha detto Papa Francesco”.
Roberta Ferruti