Fino al 26 marzo 2017 alla Galleria Nazionale di Roma si può ammirare l’antologica di Guido Strazza (1922) “Ricercare” che partendo dalle prime opere futuriste di aeropittura si conclude con quelle dove il colore è preponderante senza dimenticare il segno che è assolutamente il linguaggio dell’artista, Sono presenti 56 dipinti, 3 sculture, 42 disegni e 31 incisioni divise in due cartelle Ricercare del 1973 e Orizzonti olandesi del 1974. Le opere appartengono alla collezione dell’artista e a collezioni pubbliche e private. E’ curata da Giuseppe Appella con catalogo edito dallaGalleria Nazionale.
Con ingresso da Via dei Gramsci è possibile ammirare questa bella mostra di un’artista che attraverso il segno ha continuato a ricercare elaborando ogni immagine possibile per più di cinquant’anni. La sua idea artistica non è possibile inserirla in un qualsiasi movimento in quanto troppo personale e questo rende la sua arte unica e irripetibile.
Il segno per il Maestro è l’elaborazione dell’immagine, di quello che possiamo vedere e quindi far veder a chi guarda. La mostra essendo antologica mette in luce i vari periodi della sua ricerca iniziando dal momento che ormai ingegnere decide dei darsi alla pittura e non lo fa andando come tanti a Parigi ma trasferendosi in America Latina. Al piano superiore della mostra ci sono i lavori di questo periodo.
Dopo gli anni in Cile, Brasile e Perù e il suo successo (ha esposto due volte alla Biennale di Sao Paulo) c’è il rientro in Italia e il suo stabilirsi a Venezia dove in quel momento c’erano Vedova, Santomaso e altri, stringendo amicizia con il giovane Tancredi, esponendo nella galleria più importante della città lagunare. L’amicizia tra i due ha fatto sì che si influenzassero a vicenda. La ricerca tramite segno però resta inconfondibile in Strazza. Dopo l’avventura milanese, dove imperava l’informale e lo spazialismo, l’artista prende una strada differente decidendo di trasferirsi a Roma dove c’è la nuova scuola romana.
E’ l’inizio del suo importante studio sull’incisione della quale è sperimentatore e docente. Il segno per Strazza è il codice per esprimere ciò che sente, così dagli anni ’80 ai ’90 c’è la serie dei Cosmati, dei Segni di Roma, delle Partiture, fino ad arrivare agli anni 2000 dove il colore prende il sopravvento sul segno che non è mai abbandonato, come ben si vede già nella Grande Aura del 1992.
Ricercare è per l’artista “un cercare ancora, con ogni mezzo, qualcosa di cui si è perduta la memoria”, quindi la ricerca non finisce mai, non si arresta, ma trova altre metodologie per esprimersi dove il segno non manca mai, ma è la luce che incide sulla realizzazione e viceversa. Infatti per l’Artista anche il colore è segno “radicalmente indefinibile e indescrivibile. Senza direzione, curvatura o lunghezza, Non ha in sé traccia del gesto né di ciò che fa del segno il costruttore dello spazio. Tuttavia lo riempie di sentimento. Col colore si costruisce uno spazio psicologico”.
E’ un concetto che la maturità artistica mette in luce, la contraddizione tra materia e forma, tra precisione e imprecisione. In questo gli studi classici uniti al suo essere un ingegnere, hanno un valore preponderante. Il segno come sgroviglio della matassa dei sentimenti.
Strazza, pittore, incisore, docente e scrittore si svela in questa mostra che è un’antologica non sono bella, soprattutto interessante da visitare. Molte opere sono state donate dal Maestro alla Galleria Nazionale.
Emilia Dodi