Al Teatro Vittoria abbiamo assistito ad uno spettacolo interessante ed elegante: “Matti da slegare”. Una originale performance, che racconta ed analizza i comportamenti di due “matti” (in senso stretto!) i quali – dopo un periodo di ricovero in manicomio per le necessarie cure psichiatriche ormai in via di completamento – vengono rimandati a casa, con il solo supporto temporaneo di un’assistente sociale; laddove anche questo momento viene visto dagli specialisti come una fase terapeutica conclusiva, dopo la quale i due dovranno iniziare a cavarsela da soli.
Se vi diciamo che i due “matti” sono interpretati da Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti e che la regia della commedia è firmata da Gioele Dix, capirete subito che ci troviamo innanzi ad uno spettacolo brillante e raffinato, che, prendendo le mosse dalle tematiche del disagio psichico, riesce a divertire il pubblico e a cointeressarlo alla tematica sociale. L’“approccio a un tema rilevante e delicato come quello della malattia mentale è fresco, ironico, addirittura spassoso e divertente. Nessun tentativo di patetismo, né alcuna traccia di retorica in questo leggero e al tempo stesso intenso ritratto di vita e amicizia, di passioni e dolori, di fobie e scelte coraggiose.”
Il lavoro è tratto dalla commedia Elling & Kjell Bjarne del norvegese Axel Hellstenius (da cui fu tratto nel 2001 il film Elling diretto da Petter Næss, candidato all’Oscar come migliore film straniero 2002), nella versione italiana curata da Giovanna Paterniti.
Dopo parecchi anni vissuti in una struttura psichiatrica protetta e dove sono diventati amici inseparabili, Elia e Giovanni (rispettivamente interpretati da Enzo Iacchetti e Giobbe Covatta) vengono “promossi” e mandati dal sistema sanitario nazionale a vivere da soli in un appartamento nel centro della città. Dovranno provare a inserirsi nella società civile e dimostrare di saper badare a se stessi.
E in questa curiosa convivenza, verranno fuori tic e nevrosi, angosce e psicopatie, pulsioni mai sopite e sogni da realizzare.
I nostri “eroi”, ovviamente, pur districandosi fra le asperità di un percorso tortuoso e complicato, riusciranno ad affrancarsi, o meglio a slegarsi dai tanti fantasmi piccoli e grandi che li hanno resi infelici per gran parte della loro vita, ritrovando una personale modalità di reinserimento nella società e nel mondo. E’ proprio questo il messaggio finale che il testo regala: l’arte e l’amore visti come strumenti di guarigione e riscossa, elementi indispensabili per un’esistenza piena e felice.
I due sono molto bravi nell’interpretare Elia e Giovanni, personaggi che vengono pennellati nei minimi dettagli, con una comicità del tutto naturale, perciò elegante e a volte raffinata. Elia, infatti, si porta dietro il pesante fardello di non aver mai saputo chi fosse suo padre e di aver vissuto sempre con la madre. Giovanni, invece, è un tipo rude, popolare, ma allo stesso tempo generoso e altruista, fissato soprattutto col cibo e con il sesso… che però non ha mai conosciuto realmente!!!
Accanto a loro, in scena recitano anche le brave Irene Serini (nel ruolo dell’assistente sociale Franci) e Sara Damonte (nel doppio ruolo della dottoressa Manu e della vicina di casa Rita). La regia di Gioele Dix risulta piacevole ed efficace, riuscendo a imprimere ritmi adeguati a un testo che inizia con qualche lentezza.
Uno spettacolo nel complesso assai brillante e fruibile, che si è concluso domenica 5 marzo, con una significativa accoglienza da parte del pubblico e della critica.
Salvatore Scirè