Emilio Solfrizzi calca il palcoscenico del teatro Quirino di Roma, interpretando la famosa pièce di Molière Il borghese gentiluomo. Visum lo ha intervistato.
A poco più di un anno da Sarto per signora di Georges Feydeau, dove aveva vestito i panni del farfallone dottor Molineaux, Emilio Solfrizzi torna sul palcoscenico, da stasera martedì 18 aprile al Teatro Quirino, con un altro grande classico della commedia francese, Il borghese gentiluomo di Moliere, per la regia di Armando Pugliese che mette in scena il testo tradotto e adattato da Annarosa Pedol.
Emilio, come nasce l’idea di questo spettacolo? “Sono fortunato: da alcuni anni lavoro con lo stesso produttore; ho iniziato con la commedia Due di noi di Michael Frayn, con Lunetta Savino, portata in giro per tre stagioni consecutive. Frayn era un amante di Feydeau – commenta l’attore pugliese – maestro della comicità francese e successivamente, scelta obbligata, abbiamo messo in scena Sarto per signora. Feydeau è stato considerato sempre il secondo dopo Moliere. E allora ci siamo tutti chiesti: perché non mettere in scena qualcosa di Moliere? Una bella scommessa e una sfida portata in scena con la stessa compagnia di Sarto per signora con in più tre attori”.
C’è una similitudine fra Feydeau e Moliere? “No, perché sono vissuti in tempi diversi. Feydeau si avvicina più ai tempi nostri, tra fine ‘800 e i primi del ‘900 e mette alla berlina più una certa ‘pruderie’, i costumi sessuali dell’epoca, Moliere disegna un’epoca, quella del ‘700, anticipando i tempi: lui mette alla berlina, nella Francia sotto Re Luigi XIV, la borghesia che si stava formando allora. Prima c’era solo popolo e nobiltà”.
C’è un messaggio che vuole lanciare questa pièce? “Questo testo conserva la sua modernità. Il regista Pugliese, nella lettura che ne ha voluto fare, ha voluto cogliere il lato più poetico, più commovente. Jourdain, il mio personaggio – sottolinea l’attore – è un archetipo, un arrampicatore sociale che con i suoi denari cerca di comprare titoli nobiliari. Qui abbiamo voluto approfondire il suo desiderio di migliorarsi, utilizzando il suo denaro. Ambisce alla nobiltà, come luogo ricco di civiltà e di bellezza, per liberarsi dall’ignoranza. In scena non ci sarà la corte di Francia, ma un luogo pieno di sbarre, che rappresenta uno spazio dell’anima dove si dibatte il protagonista. E’ il luogo dell’ignoranza – conclude – da dove vuole fuggire. Si dimostrerà migliore delle persone che gli stanno vicino. Questo è il messaggio”.
Chi possono essere oggi i borghesi gentiluomini? “Gli arrampicatori sociali, i nuovo ricchi, quelli che si comprano, ad esempio, il Milan, quelli che frequentano i reality, che vogliono la visibilità a tutti i costi”. Ha fatto cinema, tv, teatro. Quali momenti della sua carriera ricorda con più piacere, con più nostalgia? “No, non sono un nostalgico, sono sempre proiettato verso il futuro. Vengo sempre rimproverato dai miei figli di essere poco nostalgico. Per la tv ricordo con piacere Tutti pazzi per amore, una fiction di grande successo, ma anche innovativa, scritta da Ivan Cotroneo. Una volta tanto non era un format straniero – commenta l’attore – ma un prodotto nostro originale, dovuto alla bravura degli autori e di chi l’ha voluto. In cinema ricordo il film di Eugenio Cappuccio, Se sei così, vieni così, in cui ho interpretato il personaggio di Piero Cicala. Ma ho tanti altri ricordi, momenti felici della mia carriera”.
Cosa c’è nel futuro di Emilio Solfrizzi? “Riprenderemo a novembre prossimo questo spettacolo, che è stato accolto benevolmente da pubblico e critica nelle piazze dove l’abbiamo portato. Sto poi vagliando due progetti di cinema e aspetto di tornare in tv con un bel lavoro ancora da concretizzare. A tempo debito ne parleremo”. Giancarlo Leone