Interessante il film del regista greco Yannis Sakaridis, in competizione qui alla trentaseiesima edizione dell’Istanbul Film Festival nella sezione Human Right in Cinema, che affronta, con un’amarezza di fondo, il problema dell’immigrazione in continuo aumento e l’ultima rovinosa crisi che ha annullato la classe media in Grecia.
Tre storie tormentate che s’intrecciano, non facili da raccontare ma che Sakaridis porta avanti con interessanti simbolismi, a cominciare dalla piazza dove si svolge il racconto filmico, un quartiere dove un tempo aveva abitato Maria Callas, diventato adesso ad alto tasso di migranti, ed il discorso figurato dei tatuaggi – rimuovendo e/o ricordando – ed infine quello del pane che diventa una pistola carica pronta a dare la morte.
Il regista, al suo secondo lungometraggio, è riuscito ad esprimere, in questo suo Amerika Square, non solo la pena per il dramma dell’immigrazione che sta coinvolgendo tutti in Europa ma anche il degrado della sua nazione, in un ritratto senza abbellimenti di un pericoloso razzista la cui mente malata concepisce la mostruosità di avvelenare il pane per gli immigrati per ‘farli tornare indietro da dove sono venuti’.
Mostrandoci infine come il liberale Billy e lo xenofobo Nakos siano amici il regista sembra suggerirci che il proprio atteggiamento verso l’immigrazione non è legato alla classe, ma è una risposta individuale.
Mariangiola Castrovilli