Bertold Brecht non avrebbe potuto fare di più per rendere l’idea del trasformismo che alberga in tutti noi i quali, in fondo, somigliamo praticamente tutti al dottor Jeckill che a suo tempo ha formato’oggetto del lavoro ottocentesco di Robet Louis Stevenson basato sulla copresenza del bene del male.
Al teatro Quirino Vittorio Gassman è in scena, fino al prossimo 9 aprile, per la traduzione di Ferdinando Bruni, che insieme a Francesco Frongia, ne è anche regista, questo adattamento più moderno del lavoro originale di Stevenson e che Brecht a riscritto per satireggiare anche sul capitalismo che all’epoca iniziava a prendere maggior corpo dimostrando, se ancora ve ne fosse stata necessità, che la stragrande maggioranza dei ricchi ha il sopravvento sulla popolazione restante, la quale, spesso soggiace ai loro capricci, anche ai più assurdi; spesso ingegnandosi per mitigare gli effetti dello strapotere.Mr Puntila è uno “straricco” un uomo che la ricchezza ha reso folle, ambiguo, bipolare diremmo ora, a volte terribilmente arrogante.
Il suo autista-servo, Matti, non sempre dominato dal padrone, è invece più intelligente e coerente di lui, al punto da riuscire spesso a demolirne le bizzose idee, una delle quali è quella che, da sobrio, tiranneggia su tutti ma che in preda all’alcool, è invece un buono, un amicone, uno stupido ingenuo al punto da voler far convolare a nozze la figlia Eva con un diplomatico incapace ed a caccia di dote.
Tutto ciò premesso, sta a significare che il messaggio di Brecht è un messaggio attraverso il quale egli suggerisce l’uguaglianza tra tutte le genti per colmare il grande abisso che divide l’uomo ricco dal povero.
Mr Puntila ed i suo servo Matti non è altro che una commedia popolare che, in chiave comica, mostra con tutta evidenza le contraddizioni e le disuguaglianze sociali in un mondo senza tempo, anche se il riferimento a quello in cui viviamo appare automatico. Molto significativi gli allegorismi della potente scenografia i cui autori sono gli stessi registi Bruni e Frongia che prendono a pretesto un ambiente rurale colmo di quarti di bue, di animali scuoiati, di enormi monete in grado senz’altro di significare la crudeltà che si nasconde dietro l’apparente bucolicità del mondo contadino all’interno del quale la commedia è ambientata.
Gianluca Falaschi ha firmato i costumi che ben richiamano il primo dopoguerra ma anche il mondo che Charlot descrisse nel suo indimenticabile “Luci della Città” a cui Brecht evidentemente si ispira; le musiche di Paul Dessau accompagnano efficacemente l’opera di Luciano Scarpa (Matti), Ida Marinelli (Emma), Elena Russo Arman (Eva) e di una serie di altri bravissimi attori (una decina) che formano una compagnia veramente affiatata in grado di efficacemente tradurre il messaggio brechtiano al pubblico in sala.
Un tantino troppo lunga la durata dello spettacolo che, però, non disdegna un elevato grado di comicità tra il pubblico che ben recepisce i segnali che provengono dal palcoscenico e li apprezza esprimendo profonda soddisfazione.
Andrea Gentili