Al Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi, una bomboniera all’interno della quale ti senti protetto, a tuo agio perfettamente e nella condizione di respirare veramente il “teatro” è in scena fino al prossimo 21 maggio, un lavoro di Dino Campana e del quale è regista oltre che autore ed interprete un attore di tono, quale è Vinicio Marchioni. “La più lunga ora” del poeta pazzo Dino Campana.
Dino Campana è uno di quegli autori che hanno dato lustro alla cultura europea con il suo “Canti Orfici”, al punto da diventare il preferito di Carmelo Bene; quattordici anni di internamento nel manicomio di Scandicci lo hanno portato a morte nel 1932 ed il lavoro in corso di rappresentazione è un po’ il racconto della sua vita per come ha potuto riviverla da internato, da uomo non più libero fisicamente, ma la cui memoria vaga e ricorda lucidamente: la famiglia, l’ambiente nel quale è vissuto, il disperato amore per Sibilla Aleramo.
E Marchioni, che di Campana ha assimilato l’odore, la vita, il dramma interpreta le visioni forse nemmeno tanto allucinate del poeta toscano in maniera esemplare facendo trasparire addirittura l’ombra del dubbio: la vita del poeta Campana è veramente quella che, da pazzo, ha descritto o è soltanto un appassionato desiderio di illudersi che è vera?
Il suo amore per la poetessa Sibilla fu veramente utile per lui? E che peso ha avuto nella sua vita un’altra poetessa, Alda Merini? E perché la sua mente è talmente lucida che il suo capolavoro (I Canti Orfici) lo ha riscritto praticamente a memoria dopo che per ben due volte era andato perduto?
Forse la risposta, che un ottimo Vinicio Marchioni, affiancato da un bravissima Milena Mancini, non riesce, ma forse non vuole dare, sta nel desiderio originario del poeta di rimettere in gioco la sua vita per non perderne la memoria; più probabilmente l’amore per la poesia, per lui unica ragione di vita al mondo, è tale da volergli far tentare di spiegare che è soltanto la poesia la medicina in grado di riuscire a non distruggere il mondo.
Tutto questo, sulla scena, da vita ad una sorta di poetica intensità mentale, interiore, che paradossalmente rappresenta invece un uomo incapace di amare, un uomo cattivo, manesco e ruvido attraverso una semplice tenda che separa il personaggio interpretato da Marchioni con quello reale di per se obnubilato nei pensieri da ombre e suggestioni a volte impossibili da concepire.
Ottimo l’accompagnamento musicale di Ruben Regillo, ma è soprattutto, intensamente efficace l’interpretazione di una sublime Milena Mancini che ben riesce a far individuare il grande sogno di Campana: dimostrare che in lui la poesia è istinto e che la poesia potrà, da sola, salvare quel mondo che si sta autodistruggendo.
Andrea Gentili