Fino al 10 settembre 2017 alla Peggy Guggeheim Collection di Venezia c’è la più importante e esaustiva mostra mai organizzata in Italia che riguarda l’artista americano Mark Tobey (1890-1976). E’ curata da Debra Briker Balken.
“Mark Tobey Luce filante” è il titolo dell’esposizione che intende far conoscere tutto l’iter artistico di questo maestro che fu un pioniere dell’arte astratta e dell’evoluzione del modernismo americano con opere che partono dagli anni ’20 per arrivare agli anni ’70 del Novecento. E’ organizzata dalla Addison Gallery of American Art con la Philips Gallery Andover dove andrà dal 4 novembre 2017 all’11 marzo 2018.
La mostra mette a fuoco il suo anticipare l’espressionismo astratto che arriverà alla Scuola di New York con Jackson Pollock e ne illustrerà tutta la sua avanguardia. I suoi piccoli dipinti mostrati a New York nel 1944 si rivelarono subito molto interessanti per la loro composizione che ineriva tutto il campo dell’opera e queste raffigurazioni calligrafiche sono dei riferimenti alle grandi città con la loro tipologia architettonica spinta verso l’alto e con le larghe strade con le loro luci elettriche. Sono in effetti un’unione tra il metodo calligrafico cinese e il cubismo europeo. E’ una forma di astrazione che tiene conto del fatto che l’artista che viveva tra Seattle e New York, aveva viaggiato tra Hong Kong, Shangai, Kyoto e l’Europa, questo grazie alla sua conversione alla religione monoteista nata in Iran alla metà del XX secolo, chiamata Bahä i.
La curatrice Debra Briker Balken ha spiegato come “all’interno di questo mix di fonti, Tobey è stato in grado di evitare uno specifico debito col cubismo, a differenza dei suoi compagni modernisti, fondendo elementi legati a linguaggi formali in composizioni che sono sorprendentemente radicali e al tempo stesso meravigliose”.
Tobey a causa della sua avversione verso il nazionalismo dell’arte alla nascita della Scuola di New York non si è integrato completamente all’interno del gruppo e per questo la sua arte non è possibile inserirla totalmente nel contesto. Tobey rifiutava le dimensioni su ampia scala e la sua arte risulta sempre spirituale.
L’artista negli anni ’50 viaggiò in lungo e largo in Europa in particolare a Parigi e Basilea dove stabilì il suo studio e nel 1958 vinse il premio del Comune di Venezia alla Biennale. Nel suo ultimo periodo le opere pur divenendo di maggiori dimensioni hanno mantenuto sempre il concetto di misticità e perennità. Il catalogo dell’esposizione è a cura di Skira Rizzoli in inglese e italiano.
Anna Camia