Non aver paura, è solo uno spettacolo

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Dal 20 aprile scorso e fino al prossimo 14 maggio è in scena al Teatro Ghione di Roma un particolare spettacolo scritto da Eduardo Aldàn, un lavoro che Franco Ferrini ha trasferito dall’originale spagnolo in italiano su progetto artisitico di Gianluca Ramazzotti; la direzione è di Ricard Reguant.

Un lavoro che, dicevamo, ha le sue origini in Spagna e che ha già mietuto successi anche in Messico ed in Portogallo con una trama che si basa sul terrore psicologico che prende lo spettatore quando in scena vanno particolari effetti speciali che lungi dal voler terrorizzare il pubblico in sala intende, in effetti, divertirlo.

 

Un “noir” divertente ma che a nostro parere non trova piena rispondenza nelle simpatie del pubblico nostrano, troppo infarcito di classico ed avvezzo ad un tipo di teatro più rappresentativo, che incline al terrore, peraltro non ispirato effettivamente da questo lavoro che, a detta del commento che accompagna la locandina, sembra vada in scena nella ricorrenza del centenario di un incendio che nel 1915 misteriosamente distrusse proprio il Teatro Ghione causando peraltro una ventina di morti, i corpi di due dei quali non vennero mai più ritrovati.

Al momento di ricostruire il teatro sembra venissero rinvenute alcune ossa umane e, non avendo certezza sulla identificazione di chi appartenessero sembra siano state impastate insieme al materiale da costruzione; particolare quanto meno macabro che trasformerebbe l’attuale sala di Via delle Fornaci da teatro a mausoleo.

 

Gianni Garko, l’interprete principale, noto volto del cinema italiano degli anni ’60 e ’70 di film di culto come, tra gli altri: “Sartana”,
10.000 dollari per un massacro”, “La notte dei diavoli”, “Sette note in nero”, “Uomo a metà”, attraverso un sapiente uso del linguaggio scenico, spiazza, sorprende e destabilizza il pubblico suggerendo terrore psicologico, fino a immergerlo in un grande e spaventoso momento, validamente coadiuvato da Claudia Genolini, Luca Basile e Yaser Mohamed i quali ce la mettono tutta perché lo spettatore rifletta sulle sue paure infantili e, viaggiando all’interno di  una atmosfera che vorrebbe essere carica di terrore, riesca a provare una sensazione di inquietudine e di paura all’interno di un luogo, proprio il teatro, all’interno del quale si sente normalmente sicuro.

Andrea Gentili

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