Un film su cui riflettere questo Ritratto di famiglia con tempesta del maestro giapponese Kore-Eda Hirokazu che, nel corso degli anni, ci aveva già incantato con Wandāfuru raifu, Father and Son e Little Sister, che ritorna da noi in sala giovedì 25 maggio distribuito da Tucker Film con Ritratto di famiglia con tempesta, che avevamo già visto a Cannes 69 e poi a Toronto 2016, dove era stato ugualmente apprezzato ed applaudito, dai due differenti pubblici.
L’arte di Kirokazu riposa su un’instancabile ed accurata investigazione dell’ambito familiare dove i riflettori sono puntati sull’istante temporale, perché nulla, in questo magmatico mondo continuamente in divenire, è permanente. Nemmeno le relazioni umane.
La famiglia di questo suo ultimo film è andata a gambe all’aria, Ryota, il pater familias con un passato di brillante scrittore ed un premio importante alle spalle, adesso, per pagare gli alimenti all’ex moglie è costretto a lavorare come investigatore e sfoga l’insoddisfazione di una vita che più non lo soddisfa, scommettendo su tutto, con perdite disastrose.
La ex moglie si sta rifacendo una vita con un altro e a causa della sua inaffidabilità finanziaria, può vedere il figlio solo una volta al mese, quando appunto deve versarle gli alimenti, continuamente rimandati. La figura più positiva è quella della madre, dipinta a tutto tondo, una donna che ha imparato molto dalla vita mettendolo a frutto. E, cuore di mamma, si divide tra i suoi due figli, con il sogno che Ryota possa di nuovo ritornare a vivere in famiglia.
Non vi raccontiamo i particolari per non togliervi il piacere di vedere un lavoro che siamo sicuri vi piacerà, vi diciamo solo che, in una notte tempestosa, Ryota riuscirà a ritrovare una parvenza di famiglia. Che, forse non si riunirà mai, ma che imparerà ad esserlo anche separata.
Il regista per questo suo ultimo film ci spiega di aver preso ispirazione, per il ritratto della madre, dalla sua, che ha perso ultimamente. “Sia per questo lavoro che per Still Walking, uscito in sala in Giappone nel 2008, per il personaggio della madre c’è per un cinquanta per cento l’attrice e per il restante cinquanta la mia mamma. Quando abbiamo cominciato a girare l’attrice Kiki Kilin mi ha chiesto qualche suo oggetto personale, ed io le ho dato i suoi occhiali. Guardandola, quando li indossava mentre recitava, mi sembrava addirittura di rivedere mia madre”.
Come è nato Ryota, il protagonista?
“Nel 2013 iniziai a scrivere la sceneggiatura annotandomi queste parole ‘non tutti diventano quello che volevano essere’. Ryota è nato così, un improbabile investigatore privato che avrebbe tanto voluto essere un romanziere. E che, tanto sul lavoro che nel contesto familiare non combina niente di buono, perché non sa rinunciare al vizio del gioco. Tutti noi, fin da bambini cerchiamo di diventare gli adulti che avevamo sognato di essere. Ma non tutti ce la fanno e Ryota, pur essendo un perdente, lotta ugualmentecercando una via per la felicità, per quanto lontana possa essere, dal futuro che aveva immaginato”.
Mariangiola Castrovilli