Giuseppe Miale di Mauro è il regista di un divertente ed acuto lavoro, liberamente tratto dall’omonimo titolo andato in scena a suo tempo a cura di Age e Scarpelli, e che ora attira un notevole numero di spettatori al Teatro Ghione di Roma.
E’ una profonda riflessione, in chiave satirica, sulle difficoltà che si incontrano, oggi ancor di più, nel poter vivere serenamente, con una casa, una famiglia, un lavoro soprattutto e Tonino – uno dei due protagonisti principali di questa commedia che ha anche il pregio di essere stata oggetto di collaborazione da parte di un grande della rappresentazione teatrale, Diego Da Silva – rappresenta l’esempio di come per vivere ci si debba arrabattare combattendo diuturne battaglie con i più impensabili ma anche, purtroppo, prevedibili nemici.
E’ il caso della incombente disonestà che caratterizza la vita di Tonino, un laureato che per campare si adatta a rilevare una portineria nella quale ha vissuto fino ad allora con il padre e che ha per amico un altro sfigato, Peppino, un tipografo che per rilanciare la sua attività si è indebitato fino all’inverosimile; i due cadono nelle mani tentacolari di una organizzazione a dir poco malavitosa e che sotto l’aspetto puramente sociale è rappresentata dalla camorra.
Personaggio clou del lavoro del quale è regista Giuseppe Miale di Mauro è la figura del ragionere Casoria, l’amministratore del condominio del quale Tonino è il portiere, un losco figuro che tenta continuamente di coinvolgere nei suoi traffici, a volte al limite della legalità, il povero ed ingenuo Tonino; Casoria è chiaramente la rappresentazione del male nei confronti di chi è e vorrebbe, lottando, rimanerlo.
Chiaramente lo scopo dell’autore è quello di fornire allo spettatore non solo due ore di sereno divertimento, ma anche quello di condurre una indagine a scopo socializzante per evidenziare la malafede che regna sovrana nella vita attuale; e lo fa in maniera che vorremmo definire “originale” perché attraverso la caratteristica del brillante che contraddistingue la commedia riesce a rendere alla portata di tutti motivi di riflessione e di allertamento per chi ha il piacere di assistere alla rappresentazione.
In fondo il dualismo tra l’onestà innata di Tonino e del suo amico Peppino è il motivo del contrasto tra la tendenza alla disonestà del ragioniere alla disonestà (una disonestà talmente pesante che rischia di coinvolgere i due onesti e sprovveduti amici), ed il desiderio di restare puliti di Tonino e di Peppino i quali, loro malgrado arriveranno alla conclusione che per rendersi conto del valore negativo dell’essere disonesti dovranno vivere la disavventura di scontare la pena delle loro “malefatte”. Insomma, vittime e carnefici al tempo stesso, protagonisti nel bene e nel male ma fondamentalmente onesti, anche se appartenenti “lato sensu” ad una banda all’interno della quale rivestono la figura degli introvabili “onesti”.
Andrea Gentili