Dieci piccoli indiani… E nessuno rimase deluso al Teatro Quirino

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Agatha Christie a tutto tondo: il suo capolavoro, scritto nel 1939, è stato oggetto di svariate interpretazioni sia registiche che interpretative a livello anche di filmografia ed è ora in scena, fino al 21 gennaio prossimo al Teatro Quirino Vittorio Gassman per la regia di Ricard Reguant.

La storia è nota: dieci persone, tra loro molti non si conoscono neppure, vengono invitati su un’isola sulla quale venne a suo tempo costruito il nido d’amore di una coppia che, stranamente, non è presente alla riunione dopo aver diramato gli inviti; le caratteristiche dell’isola, un’isola che periodicamente viene collegata alla terraferma da una striscia di terra a volte sommersa dalla marea, rispecchiano esattamente l’alternarsi di pathos di alti e bassi che contraddistinguono il più celebre tra i romanzi della Christie.

Troneggia, al centro della scena, una poesia che narra di come muoiono, tutti in maniera misteriosa ma non troppo, uno dopo l’altro, i dieci invitati che dopo la cena della prima serata sull’isola vengono accusati da una voce proveniente da un grammofono, di essere stati nel tempo colpevoli di orrendi crimini.

 

Intorno a questo motivo, il regista spagnolo Ricard Reguant sviluppa e descrive in maniera non priva di una certa destrezza, questa storia che, come tutti i romanzi della scrittrice inglese, è colma di suspence e che la scenografia di Alessandro Chiti riesce a perfettamente ambientare nell’epoca in cui venne scritta: il 1936, periodo déco che è abilmente simboleggiato dagli arredi e dallo svolgimento dei fatti anche utilizzando strumenti che sanno ben descrivere l’epoca in cui il giallo è ambientato.

Assistendo alla rappresentazione lo spettatore è avvinto dal mistero: i personaggi in scena sono da considerarsi ognuno di loro vittime o colpevoli?

 

Il dilemma non si scioglie, anzi nel corso della narrazione, diviene sempre più intricato e misterioso perché l’analisi dei singoli porterebbe a concludere più verso una descrizione sociologica di ognuno di loro, una descrizione che sembrerebbe voler significare la mescolanza tra due ceti sociali, quello borghese e quello aristocratico che si fronteggiano in un agone che li porterà alla loro volgarizzazione proprio perché la descrizione dei fatti che si svolgono in scena, ed è certamente questo lo scopo della Christie, tende ad evidenziare le lotte di classe tipiche degli anni trenta.

 

Qualcuno ha nel tempo interpretato il lavoro della Christie come una critica, meglio una vendetta, verso la classe dirigente della società inglese della quale ella stessa è stata parte e dalla quale non riuscì ad estraniarsi: è forse lei stessa la vera carnefice?

 

Mattia e Leonardo Sbragia sono gli attori che interpretano il sig. Blore ed Anthony Marston, personaggi stranissimi che ben si mescolano tra tutti gli altri otto tra i quali ci sentiamo di evidenziare Giulia Morganti e Caterina Misasi, Ivana Monti e Luciano Virgilio rispettivamente nei ruoli della signora Rogers e Vera Claytorn, di Emily Brent e del Giudice Wargrave (il vero protagonista occulto degli omicidi), non tralasciando Pietro Bontempo (Capitano Lombard) e Carlo Simoni (il Dott. Armstrong) che coralmente riescono ad avvincere lo spettatore  coinvolgendolo in una specie di gara ad eliminazione della quale fino all’ultimo non si percepisce come andrà a finire.

Andrea Gentili

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