Con un piccolo anticipo, il 18 gennaio arriva da noi in sala con la Notorius Pictures, Un sacchetto di biglie, delizioso piccolo film, perfetto per la Giornata della memoria, il 27 gennaio. Firmato da Christian Duguay il lavoro vi commuoverà con le vicende dei due piccoli interpreti Joseph (Dorian Le Clech) e Maurice (Batyste Fleurial Palmieri) che, nel 1942, spronati dai genitori ebrei francesi – i bravissimi Patrick Bruel e Elsa Zylberstein – consapevoli dei difficili tempi che si preparano, li incitano a partire.
Il padre Roman (Bruel), parrucchiere di origine russa, già scampato in gioventù ai pogrom, dice a Joseph di lasciare Parigi, ormai pericolosa per gli ebrei, con suo fratello Maurice (Fleurial Palmieri), e partire per raggiungere Nizza, zona libera dai tedeschi, dove la famiglia si sarebbe riunita.
Ecco così i due ragazzini avventurarsi in un viaggio nato in principio nel segno dell’avventura ma che ben presto si trasformerà in un pericoloso ed affannoso nascondersi, alla ricerca della libertà.
Il sacchetto di biglie, tratto dal best-seller mondiale di Joseph Joffo, che , in 22 Paesi ha venduto oltre 20 milioni di copie , aveva già avuto una vita cinematografica nel 1975 per la regia di Jacques Doillon, ma lo scrittore , non ne era rimasto entusiasta.
Adesso con il placet e la commozione di Joffo dopo aver visto questa seconda edizione, il film –che ha già riscosso molto successo in Francia con più di un milione di spettatori – l’autore confessa “In questo particolare momento, la mia storia risuona in modo forte e chiaro. Per il terrorismo, anche i bambini di oggi sono costretti a fuggire. Come noi 50 anni fa, si ritrovano per strada, completamente isolati e lasciati a se stessi. La speranza è che il film ci sproni ad interrogarci sul destino dei bambini e di queste famiglie distrutte”.
Il regista Christian Duguay, che nel 2003 aveva già diretto la serie tv Il giovane Hitler per la televisione pubblica canadese qui si cimenta ancora nell’esplorazione di quel periodo. “Confesso che ero affascinato dall’occupazione tedesca. Quel maschilismo della politica e la divisione tra chi abbassava la testa e chi si ribellava, mi affascinava. Si sono visti moltissimi film su questa epoca, ma, ciò che conta oggi, è la verità delle emozioni, che restano ancora e sempre le stesse”.
Mariangiola Castrovilli