L’autore de “Il Padre”, August Strindberg, è il sotteso protagonista di questa tragedia in scena fino al 4 febbraio al teatro Quirino Vittorio Gassman per la regia di un grande, di Gabriele Lavia che qui riveste anche i panni del protagonista, il capitano di cavalleria Adolf che sospetta della fedeltà di sua moglie Laura.
Localizzazione nel tempo: fine ‘800; vicenda narrata: il matrimonio di Adolf (alias Strindberg) con Laura Wrangel dalla quale ha avuto quattro figli dopo che questa ha abbandonato per lui il marito, un nobile come lei.
Adolf è per sua natura uno scontento, un perenne inquieto, un indeciso che arriva a dubitare della fedeltà della moglie la quale è, come gran parte delle donne di ogni epoca, matriarca e dominante.
Un lavoro, quello in scena al Quirino, che sfiora i limiti del naturalismo attraverso il quale l’autore scava nell’animo umano ( e suo ) utilizzando l’arma della mitologia.
Il mito di Ercole imbrogliato da Ofane attraverso uno scambio di abbigliamenti, è l’esatta inversione di ruoli che la società di sempre ha posto in atto quando ha voluto dimostrare la sopraffazione della donna sull’uomo, è l’esatta rappresentazione dello spodestamento di Adolf operato da Laura che lo priva di tutto e che gli ingenera dubbi sulla paternità di una figlia concretizzandolo, in scena, con l’atto di indossare lo scialle della moglie a simboleggiare il drammatico lo scambio dei ruoli.
Lo spettacolo, rivisitato e diretto da un grande Gabriele Lavia, é un continuo alternarsi di suspence e di quasi certezze, di speranze e di delusioni, di angoscie che si conclude con la sopraffazione della moglie del capitano su di lui portandolo ad incanalarsi in un buio tunnel, che lo condurrà ad una forma di castrazione che è comunque insita nel suo carattere.
Molto significativa ed adatta al tempo in cui la tragedia è ambientata la scenografia di Alessandro Camera che, insieme alle luci di Michelangelo Vitullo sono perfettamente in grado di descrivere il dramma nella sua interezza e nella sua apparente semplicità.
Insieme a Gabriele Lavia, Federica Di Martino (la moglie) e Giusi Merli (la balia), Gianni De Lellis (il pastore), Michele Demaria, Anna Chiara Colombo, oltre ad alcuni giovani attori diplomati alla scuola del Teatro della Toscana che nell’insieme danno vita ad un corale e fantastico spettacolo, dal quale si esce pieni di dubbi e di grandi incertezze ontologiche.
Andrea Gentili