Come per tutte le opere di Pirandello è necessario ricorrere ad interpretazioni di carattere filosofico del loro contenuto e questo lavoro, scritto nel 1921 e rappresentato senza successo a Roma nello stesso anno, riflette perfettamente il pensiero e l’animo dello scrittore agrigentino che, per veder affermata la sua complessa opera dovette ricorrere all’espediente di dotarla, nel 1925, di una prefazione che ne spiegasse il contenuto, la sostanza ed il motivo per il quale venne scritta.
Riterrei quindi inutile entrate in una dettagliata descrizione dello svolgimento dei due atti, che al teatro Argentina terranno la scena fino al 18 febbraio prossimo e preferirei rivolgermi ad osservare che questo lavoro, considerato il primo di una trilogia pirandelliana della quale fanno parte “Questa sera si recita a soggetto” e “Ciascuno a suo modo”, per come portato sul palcoscenico nella versione di Luca De Fusco e per la sceneggiatura alquanto sobria come di dovere, di Maria Crisolini Malatesta, riesce perfettamente ad evidenziare tutti i tentativi di svelare i meccanismi e la magia di una creazione artistica che vuole evidenziare il passaggio caratteriale dalla “persona” al “personaggio”.
Molte le scene a carattere traumatico che caratterizzano la straordinaria interpretazione di una pietra miliare del teatro italiano: Eros Pagni, che evidenzia egregiamente la volontà di vivere – per tutti i personaggi in scena – una vita vera giungendo a scomporre le strutture teatrali per condurle ad una comunicazione fondata sulla trasmissione di messaggi, magari non veri, che conducono alla accettazione di compromessi e, quindi, alla solitudine.
Lo spettacolo, che è coprodotto dal Teatro Stabile di Napoli e dal Teatro Nazionale Stabile di Genova, si avvale anche della partecipazione di una veramente appassionata, bravissima e concreta Gaia Aprea (la figliastra del padre), di una altrettanto brava Angela Pagano che interpreta la megera Madama Pace e di un altro dei sei personaggi che invadono la scena di un teatro nel quale si sta preparando uno spettacolo: il figlio, al quale Gianluca Musiu presta i panni del giovinetto che, armato di una pistola, minaccia di suicidarsi.
A latere dei sei personaggi sulla scena compaiono prima quelli ai quali la scena viene rubata, gli attori che stavano provando un altro lavoro e che sono stati bruscamente interrotti dalla irruzione del padre e degli altri personaggi i quali, recitando ed esprimendo singolarmente e coralmente quelli che sono i loro problemi, le loro vicissitudini, i loro drammi al capocomico della compagnia, vorrebbero, in sostanza, che qualcuno (un autore ) recepisse i fatti e li trasformasse in commedia.
Molto significativa, agli effetti teatrali, la scena, semplice ma efficace; ben dosate le luci di Gigi Saccomandi che risultano di perfetto ausilio alla apprezzabile sceneggiatura la quale si avvale anche di alcune immagini video in grado di supportare l’ambientazione di per se triste e colma di drammatici colpi di scena.
Andrea Gentili