Il 20 marzo alle ore 18:00 verrà inaugurata presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia a Campo Santa Maria Formosa, la mostra dal titolo Capolavori a confronto Belli/Mantegna, la Presentazione di Gesù al tempio. Curano l’evento, che terminerà il 1° luglio 2018, gli specialisti Brigit Blass-Simmen, Neville Rowley e Giovanni Carlo Federico Villa con allestimento di Mario Botta.
Il progetto è promosso dalla Fondazione Querini Stampalia e dalla Gemäldegalerie di Berlino con la collaborazione scientifica della National Gallery di Londra. In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo edito da Silvana Editoriale sia in italiano che inglese. Come non rimanere stregati, coinvolti ed avvinti nel cercare le differenze tra le due Presentazioni di Gesù al Tempio di Giovanni Bellini (1430-1516) e di Andrea Mantegna (1431-1506)? Ad una prima profana percezione sembrano del tutto eguali, eppure è evidente che le due “opere-specchio” hanno una propria soggettività inequivocabile. Ma chi copiò chi? Andrea Mantegna si formò a Padova, mentre Giovanni Bellini lavorò per tutta la vita a Venezia, sua città natale. I due maestri erano uniti anche da legami familiari poiché il Mantegna sposò Nicolosia, la sorella di Giovanni Bellini.
La composizione dev’essere stata concepita nella bottega padovana del Mantegna. La sua Presentazione precederebbe infatti l’altra di una ventina d’anni perché il patavino si sposò nel 1453 così da apparire insieme alla moglie nei personaggi che chiudono i lati della rappresentazione. Forse è un figlio atteso o appena nato ad averla ispirata: una sorta di affidamento augurale in uno stato d’animo comune ai genitori, di fiducia e speranza. Maria, umanissima Madre, quasi non si vuole separare dal Bambino, come facesse resistenza al compimento del destino di tragedia e di gloria del figlio.
Le fasce che avvolgono Gesù sono quelle del neonato, ma evocano croce e sepoltura. Giuseppe tiene lo sguardo, turbato e grave, sul profeta Simeone; egli assiste in secondo piano, ma centrale, allo svolgersi della scena quasi a voler indicare la parte che gli è toccata nel dramma della storia della Salvezza.
La versione di Giovanni Bellini apre lo spazio ad altre due figure laterali, sulla cui identificazione la critica non si è ancora pronunciata. Sembra di assistere ad un’istantanea familiare incentrata su Maria ed il bambino Gesù.
Giovanni si distanzia nettamente dallo stile di Andrea: mentre Mantegna chiude il racconto in un possente riquadro marmoreo dai toni ancora gotici, la rivisitazione belliniana è levigata dalla luce su un’ampia gamma di rossi.
La cornice è scomparsa; resta solo un parapetto in pietra. Così lo sfondo nero si dilata e il gruppo vi si staglia, guadagnandone in modernità. Egli reinventa la quinta scenica, unendo ad una classica compostezza delle forme quella tensione sperimentale che l’avrebbe accompagnato per tutta la sua attività. Giovanni Carlo Federico Villa, co-curatore dell’esposizione afferma che: “…Sarebbe comunque sbagliato, immaginarli l’uno accanto all’altro intenti nel dipingere questo medesimo soggetto. Certo il cartone, la cui realizzazione richiedeva un enorme virtuosismo artistico, stregò l’uno e l’altro, ma un lasso di tempo non piccolo, circa una decina di anni, separava i due capolavori”.
Che, seppur a distanza, si sia trattato di una competizione alla massima eccellenza, lo si evince dalla qualità assoluta delle due opere il cui raffronto è uno dei cardini di queste mostra; accanto a queste due inarrivabili “star” saranno esposte le opere coeve afferenti il patrimonio del museo veneziano. Il visitatore sarà infatti invitato, con lo stesso biglietto a fruire degli infiniti tesori della fondazione, da tempo casa-museo tra le più importanti al mondo. Sala dopo sala, negli storici ambienti, si avrà la sensazione di entrare nell’universo di una delle più potenti e illustri famiglie veneziane.
Vittoria Severini