Dopo trent’anni di abbandono e cinque di restauri tornano visibili le Uccelliere Farnese, gioiello rinascimentale e barocco incastonato nei resti dei palazzi imperiali sul Palatino, cuore verde di Roma.
La visita agli Horti Farnesiani, aperti dopo trent’anni di oblio e cinque di restauro, è una di quelle esperienze che chiunque ami la cultura dovrebbe fare per ritrovare la storia di Roma, il Rinascimento e il Barocco, fra le manifestazioni più alte della civiltà occidentale. Che ora vengono narrate anche da una mostra aperta fino al 28 ottobre 2018, curata da Giuseppe Morganti (catalogo Electa).
Si stagliano sul pendio al termine di una serie di scale ornate di gigli Farnese le Uccelliere, i due padiglioni dal colore azzurrino, sorte sulle rovine dei palazzi imperiali per accogliere uccelli esotici, circondate da giochi d’acqua e giardini di essenze rare provenienti dalle Americhe, considerati il primo orto botanico del mondo. Belle come dovevano apparire a chi le vedeva per la prima volta. Ora al posto delle statue che le coronavano, e nelle nicchie lungo il percorso ci sono delle sagome che illudono e soddisfano l’occhio.
Di fronte si stagliano la Basilica di Massenzio, Santa Francesca Romana, il Campidoglio, una vista amplissima sulla città. Molti pannelli lungo il percorso e immagini d’epoca poggiati sui parapetti aiutano a rintracciare il passato, a ritrovare i poeti, gli artisti, gli archeologi, i viaggiatori che questo luogo mitico hanno frequentato e amato. Goethe nel Viaggio in Italia, nel settembre 1787, descrive una grande terrazza aperta al pubblico, cinta di stupendi alberi, sotto cui erano disseminati frammenti di capitelli, colonne, bassorilievi al posto di tavoli e sedie.
Un luogo di riposo e di piacere, di lusso ed eleganza, che appaga l’occhio e il cuore, destinato a rianimarsi, a richiamare turisti da tutto il mondo avendo ritrovato la bellezza che aveva un tempo e che sembrava perduta per sempre. Il restauro del “Bastione Farnese”, iniziato nel 2013, costato oltre un milione e mezzo di euro, quasi 500 mila vengono dal World Monuments Fund (WMF) – New York, ha interessato le architetture rinascimentali meglio conservate sul Palatino, le due Uccelliere, il Teatro del Fontanone che ha ritrovato il suo aspetto originario, rimosse le incrostazioni calcaree ottocentesche.
Interventi che hanno riportato in luce alcuni tratti delle decorazioni originali, figure, elementi vegetali, un grande cavallo marino. Aprirà a breve anche la Casina, o Casino del Belvedere, dice Alfonsina Russo Direttore del Parco Archeologico del Colosseo che per il 21 aprile annuncia la riapertura di alcuni dei luoghi più importanti del Palatino, restaurati e arricchiti di installazioni multimediali. Come il Criptoportico Neroniano, la Casa di Augusto, la Casa di Livia, la Loggia Mattei/Aula isiaca, il Tempio di Romolo, Santa Maria Antiqua e il Museo Palatino.
Dovrebbe partire anche entro tre mesi in collaborazione con l’Università La Sapienza, il recupero di ciò che resta dei giardini farnesiani in cui sono stati ripiantati allori, tassi, agrumi, rose damascene. E sarebbe in dirittura d’arrivo la firma con uno sponsor per il ridisegno del Ninfeo della Pioggia, che era in origine il triclinio estivo. Anch’esso fa parte dell’itinerario di visita con una installazione immersiva. Il Portale “del Vignola” che dal 1957 segna l’ingresso al Parco Archeologico del Colosseo da via San Gregorio e che porta scritto Horti palatini Farnesiorum, era in origine incastonato nel mezzo del muro di cinta degli Horti in asse con le volte della Basilica di Massenzio. Foto 6
I padiglioni delle Uccelliere ospitano alcuni pezzi strepitosi della Collezione Farnese, una delle più importanti del mondo per la scultura antica, provenienti dal Museo Archeologico di Napoli. Come le gigantesche statue di Daci prigionieri, raffigurati in abbigliamento tradizionale, che decoravano il criptoportico d’accesso al Ninfeo della Pioggia. Furono rinvenute nel XVI secolo fra le rovine del Teatro di Pompeo o nel Foro di Traiano. E la statua di dimensioni inferiori al vero, di una figura femminile, Iside Fortuna, in marmo bigio morato, con integrazioni in marmo bianco di Carlo Albacini, posta in una delle nicchie della scala ai lati del Teatro del Fontanone. Capolavoro assoluto la scultura del Barbaro inginocchiato in pavonazzetto e bigio morato, uno dei due “Mori” utilizzato come portavaso. In origine faceva parte, insieme ad altre, di un monumento eretto ad Augusto a Roma dopo la vittoria sui Parti. Foto 7
La storia degli Horti Farnesiani non è solo quella di un giardino e di una famiglia, ma di una civiltà e di una cultura, quella della natura e del paesaggio. Nel 1537 Alessandro Farnese, il grande cardinale nipote di papa Paolo III, acquista una serie di piccoli appezzamenti sul Palatino. Beni che cede al fratello Ottavio, obbligandolo a contribuire con una cifra enorme, 1500 scudi d’oro, all’abbellimento della proprietà che resta un suo usufrutto. Passa poi a Ranuccio il quale interviene in particolare sul giardino, l’orto, il frutteto, l’uliveto, aggiungendo pergolati e fontane. Quando nel 1565, alla sua morte, la proprietà torna al cardinale Alessandro, che acquista altri terreni, vengono realizzate opere importanti come il criptoportico incassato nella collina e il Ninfeo degli Specchi attribuito a Pirro Ligorio.
Sarà Odoardo poi a realizzare il triclinio estivo trasformato nel Ninfeo della Pioggia, la terrazza e il Teatro del Fontanone. E in vista del suo matrimonio con Margherita de’ Medici nel 1628 ad accoppiare a una vecchia uccelliera già esistente un’altra più o meno speculare, coronandole entrambe con coperture trasparenti in rete di rame. Per accedere al giardino e alle uccelliere due scalee che intagliano le strutture della Domus Tiberiana. Col Seicento e il trasferimento di Ranuccio II a Parma, inizia la decadenza, nessuno dei Farnese risiede a Roma, i giardini sono un costo e vengono dati a coltivare a giardinieri che accontentano dei frutti.
Fino a che nel ‘700 si costituisce una vera e propria azienda agricola la “Reale Azienda Farnesiana”. Ma il ‘700 è anche il secolo degli scavi. Sotto il duca di Parma Francesco I vengono scoperti tre ambienti della Domus Flavia, il lararium, l’Aula Regia, la Basilica e sculture che andranno ad arricchire la Collezione Farnese della Pilotta come l’Ercole e il Dioniso in basalto. La dinastia si estingue con l’ultima dei Farnese Elisabetta che sposa Filippo V di Borbone. All’inizio del ‘900 il prefetto napoleonico conte di Tournon pensa di trasformare il giardino in parco pubblico, Valadier dà alla Uccelliere una veste neoclassica, mentre nel 1861 Napoleone III acquista gli Horti da Francesco II di Borbone affidando l’incarico di dirigere gli scavi all’archeologo italiano Pietro Rosa, che elimina le coltivazioni, ma in modo tale da non compromettere troppo l’equilibrio del verde. Mantiene le fontane e nelle Uccelliere va a vivere. Quando nel 1870 gli Horti vengono acquistati dal governo italiano, a seguire gli scavi sarà Rodolfo Lanciani, quindi la guida passa a Giacomo Boni studioso della pittura di paesaggio di Pompei e del Palatino. Boni riporta alla luce il Ninfeo degli Specchi e reintroduce le essenze della flora classica conosciute nell’antichità, a ricordo del ruolo di Orto Botanico che aveva avuto nel Seicento.
L’ingresso al Palatino per godere appieno dell’originale percorso voluto dai Farnese è quello dalla via Sacra, che dall’Arco di Tito conduce alla via Nova e da lì alle Uccelliere Farnese. Un consiglio. Prima di andare è il caso di armarsi di molta pazienza e di un buon libro, perché una volta acquistato il biglietto (anche on-line) occorre mettersi in coda e superare controlli e metal detector, fendendo la folla. Meglio essere mattinieri, c’è meno gente.
Roma, Palatino – Orario: apertura 8.30 – chiusura a seconda delle stagioni. Fino al 28 ottobre 2018. Informazioni: tel.06-39967700 www.colosseo.beniculturali.it www.electa.it www.coopculture.it
Laura Gigliotti