Romeo e Giulietta visti nell’ottica calcistica

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E’ ancora in scena al Teatro Roma nella capitale, fino al 28 marzo, sotto l’egida del Coni – Comitato Regionale Lazio e prodotto da La Ginevra Media Produzioni, Romeo l’ultrà e Giulietta l’irriducibile – Storia d’amore e tifo con tragedia finale, un’inedita pièce scritta, ideata e diretta da uno degli autori teatrali più prolifici d’Italia, Gianni Clementi. L’autore pur ispirandosi per i dialoghi e vicende all’opera drammatica di William Shakespeare, ha riscritto l’intera opera ambientandola ai giorni nostri, dove la rivalità socio-economica delle due famiglie antagoniste viene proiettata nel mondo calcistico.

 

Dal 1900 ad oggi tante sono state le trasposizioni cinematografiche e teatrali ispirate a Romeo e Giulietta, la tragedia più famosa in assoluto del Bardo che vede la lotta di due famiglie in vista di Verona, i Capuleti e i Montecchi. Bene, questa è la storia tradizionale.

Andando al Teatro Roma dimenticatevi tutto questo: l’autore e regista Gianni Clementi mette in scena uno spettacolo sui generis e coraggioso, portando a termine un’operazione che solo un drammaturgo di chiara fama e di spessore come lui poteva realizzare: riscrivere la storia in romanesco per raccontare la storia d’amore di due giovani appartenenti a due fedi calcistiche, la Roma e la Lazio, rivali fra loro.

Romeo (Edoardo Frullini), figlio del capo degli ultrà romanisti Er Murena (Marco Prosperini) in un’imboscata nella Curva Sud dello stadio, s’innamora teneramente di Giulietta (Giulia Fiume), figlia del rissoso capo degli irriducibili Er Catena (Stefano Ambrogi). I due giovani s’innamorano perdutamente pur essendo di due tifoserie diverse.

Intermediario fra le due fazioni calcistiche e fra i due giovani, Er Poeta (Gianmarco Vettori), amico fraterno di Romeo che in maniera molto sensibile non si allinea alla violenza del rione, diversificandosi dagli altri che hanno mantenuto quella rabbia. Quella parte che Er Cobra (Federico Le Pera), cugino di Giulietta e assassino di Er Poeta rivela in un monologo commovente, dove le parole sono dettate dall’odio, ma il pianto soffocato nasconde lo strazio.

 

 

Pensando all’originale dramma di Romeo e Giulietta, anche in questa pièce non può mancare il sacerdote, Er Frate (Simone Crisari), la Chiesa, luogo di rifugio e ascolto, che troppo spesso rimane solo un’utopia. Un sacerdote sui generis che beve, fuma, fa tatuaggi ai giovani per estorcere una confessione: è questa la vera vocazione, che permette di vivere nei bassifondi per modificarli dal di dentro.

 

In una scenografia minimalista, dove i protagonisti rimangono in scena, chiacchierando, anche durante l’intervallo tra il primo e secondo atto, prende sempre più piede un pensiero che diventa fisso nelle loro teste, un tarlo che mentalmente li divora: per quanto tempo ancora i figli dovranno pagare le colpe dei padri e per quanto tempo i valori ormai inesistenti sui quali fondare l’esistenza, permetteranno ai nostri figli di assecondare solo odio per tuffarsi in tematiche distruttive in quanto non viene mostrata loro nessuna giusta alternativa?

Questo spettacolo merita di essere visto, imperdibile perché è divertente, commovente e arricchito dai bellissimi costumi di Mara Gentile, da una scenografia perfetta ideata da Carlo De Marino e dall’effetto luci di Giuseppe Filipponio.

Giancarlo Leone

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