Sino al 23 Luglio 2018, Venezia ospita al Museo Palazzo Fortuny, la mostra dal titolo Una collezione italiana. Opere dalla Collezione Merlini. L’evento presenziato dalla Fondazione Civici Musei Veneziani è curato da Daniela Ferretti e Francesco Poli.
La Collezione Merlini rappresenta una tra le maggiori raccolte private d’arte specializzate sul Novecento italiano. Alcune sezioni di questa Collezione apparvero già in alcune mostre più o meno recenti come quella di Palazzo Loredan sempre a Venezia, del Museo Marino Marini a Firenze e del Museo Morandi a Bologna. Purtroppo la raccolta non potrà essere esposta integralmente, poiché il suo corpus supera di gran lunga le quattrocento unità.
L’esposizione si articola, vuoi in sintonia con lo spirito del collezionista, vuoi in una prospettiva di lettura inedita, in diverse sezioni tra cui la Metafisica ed il Novecento italiano, il Realismo sociale ed esistenziale, l’Astrattismo geometrico ed il MAC, la Stanza del collezionista (Wildt, Fontana, Melotti), le Tendenze dell’Informale (Gruppo degli Otto, Spazialismo, Movimento Nucleare, Ultimi Naturalisti), l’Omaggio a Morlotti, il Gruppo Azimuth e le tele strutturate, la Pittura Analitica.
Al Museo Fortuny cita Mariella Gnani, curatrice della Collezione, viene riproposto, arredi compresi, uno degli ambienti di casa Merlini, quello che riflette maggiormente le passioni del collezionista, desideroso di collocare in questa stanza, una sequenza spettacolare di opere di Lucio Fontana (1899-1968) (fig. 1), accanto alla Madre di Adolfo Wildt (1868-1931) (fig.2), insieme a due capolavori assoluti di Fausto Melotti (1901-1986) (fig. 3) tra cui Teorema.
Giuseppe Merlini iniziò ad acquistare opere d’arte negli anni compresi tra il 1960 ed il 1970 in pieno boom economico, sviluppando: “il suo interesse da un lato verso i grandi protagonisti ormai storicizzati del ‘900, e dall’altro verso le tendenze del dopoguerra, con un’attenzione costante anche agli sviluppi più attuali. In questo modo il suo progetto si è definito nel tempo come un tentativo riuscito di delineare un percorso (…) tale da documentare con esempi significativi quasi tutti gli aspetti salienti dell’arte italiana”.
E’ doveroso evidenziare che si tratta di un insieme di opere che rispecchiano il gusto individuale dell’amatore e l’interesse particolare per certi artisti piuttosto che per altri. Merlini, infatti, si interessò poco agli artisti della Pop Art rivolgendo la sua attenzione su un buon numero di esponenti della Pittura Analitica emersa negli anni’70.
In un panorama così affastellato di movimenti ed avanguardie, quello di Giuseppe Merlini rimane un eccezionale esempio di “collezionismo vecchio stampo”, improntato sulla volontà di contribuire, con entusiasmo e competenza, a formare dei percorsi che, pur rimanendo un patrimonio privato, devono avere come finalità quella di accrescere la circolazione e la conoscenza dell’arte a livello socialmente più allargato, a differenza del comportamento che, a partire grosso modo dalla fine degli anni Settanta, adotteranno le nuove generazioni di collezionisti più attenti alle connotazioni mondane, speculative ed “esterofile” delle proprie raccolte.
Completano l’iter espositivo realizzazioni di Alberto Savinio (1891-1952), Enrico Baj (1924-2003), Alberto Burri (1915-1995) (fig. 6) ed Aldo Galli (1906-1981). Fig 7.
Vittoria Severini