L’Istituto Cervantes di Roma nella Sala Dalì a Piazza Navona, nella capitale ospita fino al 16 giugno 2018 un’interessante mostra intitolata Geometrico Trip South.
La mostra si incentra sulla geometria (il ramo della matematica che ha per oggetto lo studio dello spazio e delle forme), vale a dire quella che nasce della natura ed è presente in numerosi documenti storici e che si è imposta nella nostra società a partire dal secolo scorso: non per nulla dal piano urbanistico territoriale alla progettazione delle nostre abitazioni e delle nostre città, dall’arredo urbano agli oggetti di uso quotidiano, si basano sui principi delle combinazioni geometriche… contaminando anche l’arte.
Ed è il triangolo artistico Cordova/Siviglia/Jerez (le tre belle città del sud della Spagna), al quale allude il sottotitolo, la provenienza geografica degli autori protagonisti di questa iniziativa espositiva. Infatti, si tratta di una mostra collettiva di quattro artisti, José María Baez (Jerez, 1949), Fernando Clemente (Jerez, 1975), José Miguel Pereñíguez (Siviglia, 1977) e Fernando M. Romero (Cordova, 1978), che arrivano dalla regione dell’Andalusia con un bagaglio di 75 opere, fermandosi a Roma in una seconda tappa dopo il debutto al Rafael Botì Art Center di Cordova. Non raggruppate per autore, le opere esibite nella sede romana sono invece disposte in armonia fra di loro e ben inserite nei diversi contesti delle sale.
Oggi la geometria si configura come uno strumento audace, una risorsa visiva in grado di descrivere un mondo complesso e un linguaggio che non ha il timore di inciampare nel racconto “corrotto” del nostro tempo.
Andando in dietro, nel periodo fra le due guerre del XX secolo, la geometria (per Piet Mondrian, Josef Albers, Moholy-Nagy, Pevsner, Taeuber-Arp, ecc.) era un referente ideologico fondamentale, un metodo per orientare la nostra psiche verso un nuovo scenario emotivo. La pittura e scultura di questi artisti, presente in manifesti e trattata in programmi metodologici, aveva lo scopo di aumentare la nostra sensibilità per un universo razionale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quest’obiettivo sembrò diventare raggiungibile. La scienza e la tecnologia agevolarono l’incontro tra passato e futuro e trasformarono l’idea del progresso in una realtà, come si evince dalle proposte artistiche di Max Bill, Ellsworth Kelly e di molti altri latinoamericani come Hélio Oiticica. Successivamente, negli anni ’60, il minimalismo fu il concetto artistico sul quale si fondò la teoria della semplificazione. E in questa forma di evoluzione, l’arte geometrica, tecnologicamente oggettivizzata, rappresentava un modello fondamentale: la sua estrema linearità rifiutava ogni tocco artificioso.
Attualmente le cose sono cambiate e i criteri finora in vigore sembrano essere diventati obsoleti. La realtà è mascherata e dimostra che facciamo parte di una messa in scena. Il modo di costruire il nostro presente è parte di una rappresentazione; il futuro appare confuso, senza certezze…
Ad ogni modo, il progetto espositivo vuole rispondere ad alcuni interrogativi: la geometria può continuare ad essere una scelta utile nell’Arte? O la sua indeterminazione può spiegare il nostro mondo? Oppure può rispecchiare la corruzione del linguaggio e le mistificazioni politiche della realtà? E ancora come possiamo documentare e raccontare il nostro presente senza rinunciare agli aspetti eroici, trasparenti ed esemplari della geometria?
Un dibattito aperto: dopo la visita alla mostra, ogni spettatore giungerà a una sua risposta.
Da ricordare che la parola geometria deriva dal greco ‘ghe’ (terra) e ‘metria’ misurazione, quindi misurazione dei terreni. Lo storico greco Erodoto fa risalire l’origine della geometria al 1300 a.C. circa in Egitto, resa necessaria per via delle piene del fiume Nilo che cancellavano i confini. Ma antichissimi documenti dimostrano che anche gli Assiri e i Babilonesi possedevano conoscenze geometriche.
La geometria euclidea (per secoli Euclide è stato considerato una autorità scientifica) costituì il modello di base per la rappresentazione della realtà in gran parte del mondo. Essa influenzò, come abbiamo già anticipato, anche l’arte, l‘architettura e la stessa psicologia dell’uomo, il suo modo di vedere le cose e di pensare.
Carmen del Vando Blanco