Buio in sala mentre sullo schermo, altrettanto buio, scorrono i titoli di testa e la citazione che dice che le lune di Giove sono 67, ma le più conosciute sono quattro e le ha scoperte Galileo Galilei. La più famosa di queste in assoluto è Europa, da anni sogno e meta, come territorio, di un’infinità di diseredati che rischiano anche la vita pur di sfuggire ad impossibili condizioni di esistere.
Ed è a questa Europa che fa riferimento l’interessante film Jupiter’s Moon, ovvero Una luna chiamata Europa del regista magiaro Kornél Mundruczó, con Merab Ninidze e Zoltán Mucsi, che riescono a tratteggiare due personaggi che non saranno facili da dimenticare.
In un’Ungheria kafkiana, velocissima e disumana, arriva un contingente di poveri cristi che sperano di bipassare i problemi vitali che hanno in una patria diventata ormai matrigna, ma, l’accoglienza al confine, dopo un viaggio che chiamare disastroso è dire poco, è solo con i fucili spianati che non sparano a salve. Il governo ungherese di Viktor Orbán, non è disumano solo nell’accoglienza dei profughi, ma continua ad esserlo dovunque, senza esclusione di colpi.
Tra questi poveri profughi ci sono anche un padre e un figlio, molto legati. Il primo muore subito mentre Aryan, il figlio che lo aveva momentaneamente perso di vista, viene colpito da tre colpi di carabina. Nel campo profughi, dove è ricoverato, viene esaminato da un dottore al quale mostra che, le tre ferite, gli hanno portato la capacità di lievitare…infatti riesce ad alzarsi in volo …
Mundruczó, spiega che “una delle lune del pianeta Giove, scoperte da Galileo, si chiama Europa. Ed ecco il mio titolo, per questo per me era importante considerare questo film come una storia europea, radicata in un’Europa in crisi, inclusa l’Ungheria. Allo stesso tempo, cercavo di dargli un’aria da fantascienza contemporanea”.
“Sono appassionato di questo genere fin dall’infanzia – riprende il regista – e penso che ciò si percepisca in certi miei film precedenti, come White God – Sinfonia per Hagen o Tender Son – The Frankenstein Project. Abbiamo inoltre lavorato attorno all’idea di straniero domandandoci chi sia il vero straniero. È una questione di punti di vista. Giove è sufficientemente lontano da noi perché ci si possa porre nuovi interrogativi sulla fede, i miracoli, la diversità”.
In questo bel lavoro, c’è spazio per molte cose, la disperazione, la cupidigia, la cattiveria allo stato puro, il rimorso ed il pentimento e la bontà, tutto agitato in un frullatore senza memoria.
Un film, questo Jupiter’s Moon di Kornél Mundruczó che, con buona pace dei suoi detrattori, non vi lascerà certo indifferenti. Cento minuti di sensazioni al top, tra salite e ricadute, al cinema da domani 12 luglio, con la Movies Inspired.
Mariangiola Castrovilli