Buio in sala mentre sullo schermo, altrettanto buio, scorrono i titoli di testa e la citazione che dice che le lune di Giove sono 67, ma le più conosciute sono quattro e le ha scoperte Galileo Galilei. La più famosa di queste in assoluto è Europa, da anni sogno e meta, come territorio, di un’infinità di diseredati che rischiano anche la vita pur di sfuggire ad impossibili condizioni di esistere.
Tra questi poveri profughi ci sono anche un padre e un figlio, molto legati. Il primo muore subito mentre Aryan, il figlio che lo aveva momentaneamente perso di vista, viene colpito da tre colpi di carabina. Nel campo profughi, dove è ricoverato, viene esaminato da un dottore al quale mostra che, le tre ferite, gli hanno portato la capacità di lievitare…infatti riesce ad alzarsi in volo …
“Sono appassionato di questo genere fin dall’infanzia – riprende il regista – e penso che ciò si percepisca in certi miei film precedenti, come White God – Sinfonia per Hagen o Tender Son – The Frankenstein Project. Abbiamo inoltre lavorato attorno all’idea di straniero domandandoci chi sia il vero straniero. È una questione di punti di vista. Giove è sufficientemente lontano da noi perché ci si possa porre nuovi interrogativi sulla fede, i miracoli, la diversità”.
In questo bel lavoro, c’è spazio per molte cose, la disperazione, la cupidigia, la cattiveria allo stato puro, il rimorso ed il pentimento e la bontà, tutto agitato in un frullatore senza memoria.
Mariangiola Castrovilli