Ed ecco che i giorni, come sempre in tutti i festival, hanno cominciato la solita folle corsa in una pantagruelica offerta di pellicole quotidiane, dove la scelta diventa sempre più difficile. Delle otto della mattina fino a dopo la mezzanotte inoltrata, tutti noi della stampa non facciamo altro che consultare il nostro libro dei sogni, dove c’è lo schedule, day bay day, coperto di strani geroglifici che facciamo per ricordare, in ordine d’importanza, quello che abbiamo scelto di vedere.
E la selezione è sempre difficile, perché ci sono code interminabili e se abbiamo scelto la pellicola sbagliata, bisogna ricominciare. Per dei cinefili onnivori come siamo noi, tutto è da vedere, ed è difficile rinunciare a questo o a quel lavoro ma, il tempo non permette distrazioni per cui deve essere sempre buona la prima…
Tra i film che abbiamo molto amato c’è Her Job, del regista greco Nikos Labot che ci fa partecipare alla vita di una famiglia di quattro persone che vivono nei sobborghi di Atene, la moglie che si fa in quattro per far quadrare i pochi soldi, il marito che invece i soldi li spende malamente scommettendo senza mai vincere, e due figli, una ragazza grassa, viziata e pretenziosa ed un bambino dolce e molto legato alla sua mamma.
Le cose cambiano quando a Panayiota, l’interprete della nostra storia, viene offerta la possibilità di un lavoro come inserviente, in un grande supermarket che sta per essere aperto. La sua vita, anche se lavora il doppio, assume una nuova dimensione, intanto portare i soldi a casa le dà una sicurezza finora sconosciuta, e poi anche agli occhi della famiglia, acquisisce una nuova dimensione.
Ma le favole a lieto fine ahimè, sono pochissime, così dietro l’angolo ecco un finale che non si sarebbe certo aspettata. Il regista che ha firmato parecchi corti ed alcuni documentari notevoli, al suo debutto come primo film, fa vedere quello che sa fare in novanta intensi minuti che vi consigliamo quando il film verrà in Italia.
Mariangiola Castrovilli