Se per correggere le perniciose abitudini di questa nostra società fosse sufficiente applicare la formula che Nino Manfredi, coadiuvato da Pietro Longhi, hanno ideato, allora si che avremmo trovato la soluzione, una soluzione semplice, come l’uovo di Colombo.
In effetti, ognuno di noi, per un verso o per l’altro, assume il ruolo di persona di “facili costumi” perché, anche a sua insaputa inglobato in un vortice di scorrettezze, di corruzioni, di poca onestà comunque che ci induce a vivere in un mondo in cui non esistono più valori morali, anzi quelli che ancora resistono vengono ormai posti al servizio del male.
Quale la formula? La cultura in primis e la verità poi: in effetti l’atteggiamento dei personaggi in scena al Teatro Ghione fino al 28 ottobre prossimo induce a certe riflessioni: tramontati i valori dell’onestà, il rispetto dei valori umani, gli ideali politici non resta che sperare nell’affermazione di altri valori che ognuno di noi ha dentro di se ma che, per un qualche “sconosciuto” motivo non sviluppa.
Pietro Longhi (uno squattrinato intellettuale in cerca di fama per le sue opere editoriali alquanto traballanti – la cultura) e Paola Tiziana Cruciani (una prostituta che nel suo mestiere pone ogni possibile cura – la verità) hanno occasione di incontrarsi (si fa per dire perché il loro approccio è piuttosto movimentato) e di necessariamente frequentarsi dando vita ad uno spettacolo che come tutte le opere a sfondo sociale finisce col far trionfare l’amore, quell’amore che dovrebbe essere il matematico risultato della formula magica ideata dagli autori, ed alla quale facevamo riferimento all’inizio.
Lavoro questo di Manfredi e Longhi pressoché a sfondo sociale, tutto teso a far prevalere ed evidenziare le bruttezze del nostro tempo dominato dall’ansia di prevalere socialmente ed economicamente; bruttezze che vengono evidenziate attraverso una serie di sorprese, di colpi di scena a volte prevedibili altre volte inaspettati ma comunque assai gradevoli e non privi di una tragicomicità tutta particolare perché tendente ad evidenziare argomentazioni e vicende che ognuno di noi vorrebbe non emergessero perché squalificherebbero il nostro io interiore.
La regia di Silvio Giordani è abile ed attenta, assai valida nell’evidenziare e porre in essere il principio dettato dagli autori di una commediola all’italiana che riesce comunque a far riflettere sulle umane fragilità.
Andrea Gentili