Con il titolo “Fascination Japan. Monet Van Gogh, Klimt” la Bank Austria Kunstforum Vienna, presenta le opere dei principali artisti che hanno subito il fascino del Japonisme. La mostra è aperta dal sino al 20 gennaio 2019. Curatore Evelyn Benesch.
Il Japonisme fu creato a partire dal 1860 quando l’estetica e la cultura giapponese arrivò in Europa con i disegni e gli ukiyo nonché i tessuti, che i viaggiatori europei ottocenteschi fecero conoscere. Tutto ciò portò a creare il fascino dell’esotico fino ad arrivare all’estetica del modernismo del 1900.
Grazie alle opere giapponesi, i pittori furono tra i prima ad assimilare nelle loro creazioni questo fascino come Monet, Manet, Van Gogh, Degas e Gauguin, continuando poi con quelli della generazione successiva come Toulouse-Lautrec, Bonnard, Vouillard, Vallotton, Franz Marc, Kandinskij e altri.
Va detto però che quest’influenza non toccò solo l’arte visuale, ma il mobilio, il vestiario e quant’altro. Quest’esposizione si prefigge proprio di farla conoscere con opere che il pubblico potrà ammirare. Partendo da Parigi allora fulcro d’arte in senso lato di tutta l’Europa, furono in particolare l’Austria e l’Ungheria dopo l’Esposizione Universale di Vienna del 1873, che ebbero una vera infatuazione per l’Estremo Oriente.
In effetti anche Gustav Klimt e Egon Schiele ne furono sensibilmente influenzati e in seguito questa passione su trasposta in un nuovo linguaggio di forme del tutto autonome aprendo la strada al modernismo. Quest’esposizione si prefigge proprio di far comprendere come il Japonisme sia stato recepito anche nel ‘900 con i post-impressionisti, i Nabis fino al Blauer Reiter, e questo verrà mostrato oltre che con dipinti, disegni e incisioni anche con tutti gli apparati che servirono a completare quest’influenza come mobili, paraventi e oggetti selezionati nelle più importanti collezioni pubbliche e private internazionali.
Il termine Japonisme su coniato dall’incisore francese Philippe Burty nel 1873 e questo termine proprio per le linee curve, i motivi delle superfici colorate e i vuoti, l’asimmetria della composizione si può ascrivere anche l’Art Nouveau.
Anna Camia