È in corso e resterà aperta fino 17 marzo 2019 la grande mostra dedicata a Antoon van Dyck incentrata soprattutto sul periodo della ritrattistica presso le corti europee e in parte alle opere del mito. Organizzata dai Musei Reali di Torino con Arthemisia Group, è curata da Anna Maria Bava e Maria Grazia Bernardini.
Naturalmente una mostra di questo tipo non poteva essere presentata solo con le opere della Galleria Sabauda, quelle delle gallerie genovesi e veneziane, luoghi italiani che l’artista ha frequentato dipiù dagli anni 1621 al 1627 e dove ha dipinto la ritrattistica dei Reali del tempo che desideravano essere immortalati dal celebre pittore.
Quindi, data l’importanza dell’esposizione, sono arrivate opere dalla National Gallery di Washington, dal Metropolitan Museum di New York, dalla National Gallery di Londra e dalla Collezione reale inglese, la Scottish National Gallery di Edimburgo, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Kunsthistoriches Museum di Vienna, l’Alter Pinakothek di Monaco e dai musei genovesi e altri italiani.
Dopo aver studiato l’arte, influenzato dal Tiziano, l’artista trovò un suo personalissimo stile artistico, dove il massimo pregio consisteva nella grande perfezione formale, con la spontaneità dei gesti, la cura raffinata nel realizzare i gioielli, le sete i i merletti, come dimostrano i ritratti della marchesa Elena Grimaldi Cattaneo, il cardinale Guido Bentivoglio, Emanuele Filiberto di Savoia, e altri. La mostra si svolge in 4 sezioni con 45 tele e 21 incisioni.
La prima sezione riguarda il suo periodo di Anversa presso il Rubens dove a soli 18 anni riuscì a iscriversi alla Gilda e avere un suo atelier, continuando però la collaborazione con il maestro. Dopo un breve soggiorno a Londra decise poi di venire in Italia dove restò dal 1621 al 1627. Fin da allora il suo stile pur subendo l’influsso del Rubens, si differenziò da questi.
La seconda sezione è quella che mette a fuoco il suo lavoro in Italia. In effetti dopo un soggiorno a Londra alla corte di Giacomo I venne in Italia dove visitò Verona, Torino, Roma, Bologna, Firenze, Palermo e soprattutto Genova dove il suo modo di ritrarre imponente, raffinato, vivo e fortemente emozionale ebbe un clamoroso successo. Il suo nuovo linguaggio influenzato da Tiziano e dall’arte veneta è rilevabile dagli schizzi conservati al British Museum la cui copia è esposta in mostra. La sua ritrattistica nel nostro paese consiste in veri e propri capolavori.
La terza sezione riguarda il suo ritorno a Anversa. Pittore di corte dell’arciduchessa Isabella Clara Eugenia dove lavorò anche per lo stadholder Frederick Hendrik principe d’Orange che collezionò opere dell’artista tra le quali Amore e Mirtillo e Teti nella fucina di Vulcano. In questo periodo dipinse molte tele e molta grafica.
La quarta riguarda il periodo del suo trasferimento alla corte di Carlo I dove ormai raggiunto il culmine della sua fama restò fino alla morte prematura.
Savina Fermi