In un’epoca in cui, più che in passato, gli studios hollywoodiani rispolverano e portano a nuova vita i loro classici, rielaborandoli per il gusto del pubblico moderno e strizzando contemporaneamente l’occhio ai vecchi spettatori, un sequel di Mary Poppins non dovrebbe stupire più di tanto. In fondo, il romanzo originale di P.L. Travers (che com’è noto disconobbe l’adattamento del 1964) fu solo il primo di una serie di ben otto libri; e in fondo, a ben vedere, l’idea di un sequel per il classico di Robert Stevenson era aleggiata negli uffici della Disney già da subito dopo l’uscita del primo film, non trovando realizzazione solo per la ferma, e reiterata, opposizione della stessa scrittrice.
Ora, in un contesto produttivo e cinematografico molto diverso da quello di un cinquantennio fa (ivi compreso quello del cinema per famiglie) e con una Disney che ha enormemente ampliato e diversificato la sua produzione, questo atteso e temuto Il ritorno di Mary Poppins viene finalmente alla luce. A dirigerlo, un regista ben inserito nelle logiche della major hollywoodiana (suo era il fiabesco, “antologico” Into the Woods) ma anche mostratosi capace di giocare col genere del musical in titoli come Chicago e Nine.
L’ambientazione, che segue quella del romanzo originale della Travers Mary Poppins ritorna, è successiva di circa un ventennio a quella del film originale; Michael e Jane sono cresciuti, hanno dimenticato le avventure infantili sostituendole con le sfide e i più concreti auspici dell’età adulta. Tuttavia, il periodo è quello della Grande Depressione, e i tempi sono duri: Michael è costretto a crescere da solo i tre figli dopo la prematura scomparsa di sua moglie, mentre Jane ha ereditato lo spirito battagliero di sua madre, impegnandosi nelle lotte sindacali.
I due fratelli, insieme ai tre bambini, vivono sempre al numero 17 di Viale dei Ciliegi, ma hanno una concreta spada di Damocle sulla testa: la banca per cui Michael lavora sta infatti per pignorare la residenza, in conseguenza di un debito non del tutto saldato. Per evitare il peggio, l’uomo dovrebbe ritrovare l’atto che attesti il suo possesso di una parte delle azioni della banca, ma il documento sembra sparito; il ritorno della vecchia bambinaia (che invero non sembra invecchiata di un giorno) arriva così in un periodo particolarmente complicato. Ciò non impedirà a Mary Poppins di aiutare di nuovo, a modo suo, la famiglia, trascinando i piccoli Annabel, John e Georgie in una nuova serie di mirabolanti avventure, e dando il suo contributo per impedire il peggio.
Il film di Marshall è in realtà un po’ sequel e un po’ remake del classico del 1964: i personaggi e le situazioni del film originale vengono echeggiati dalle nuove avventure della famiglia Banks e della tata venuta dal cielo, a cui Emily Blunt dà il volto senza timori reverenziali (ed è un bene). Rispetto al prototipo, la sceneggiatura cerca di costruire una vicenda un po’ più compatta e articolata, che si snoda intorno al tentativo della famiglia di mantenere la casa, minacciata dall’infido e falsamente bonario banchiere col volto di Colin Firth. In mezzo, un susseguirsi di eventi che aggiornano quel tanto che basta le avventure del film originale, con un Michael dimentico delle meraviglie dell’infanzia a prendere il posto del vecchio George Banks, il lampionaio Jack a sostituire lo spazzacamino Bert, e l’immancabile ammiraglio Boom col suo cannone a scandire il mezzodì e la mezzanotte. La meraviglia suscitata dalla Mary Poppins del 2018 non potrà ovviamente competere con quella che rapì i bambini (e gli adulti) nel 1964; ma lo spettacolo, nel suo complesso, tiene in modo soddisfacente, la sequenza animata in 2D (realizzata da un complesso di animatori Disney e Pixar) è d’impatto e tecnicamente pregevolissima, i tanti numeri musicali (da cui restano escluse tutte le hit del film originale) funzionano a dovere.
La morale, tutt’altro che imprevedibile, è ribadita in un turbinio di colori e canzoni, non diversamente da come ci si aspettava; l’apparizione, nel finale, di Angela Lansbury (inizialmente doveva esserci Julie Andrews in persona, al suo posto, ma l’attrice ha declinato la proposta) dichiara il collegamento, se non direttamente col film originale, almeno con la sua epoca. Pur con meno magia (ed era inevitabile) del suo predecessore, questo Il ritorno di Mary Poppins ne ripropone almeno, in gran parte, lo spirito: per quello che sarà probabilmente il film di questo Natale 2018, si può in fondo essere soddisfatti.
Marco Minniti