Mariano Rigillo: “Il mio ritorno al teatro con una piece divertente e riflessiva”

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Mariano Rigillo, uno tra i più importanti attori del teatro italiano, che ha spaziato dal teatro di Pirandello a quello di Goldoni, Shakespeare, Viviani, è il protagonista della pièce Vi presento papà, scritta da Augusto e Toni Fornari (che cura anche la regia), Andrea Maia e Vincenzo Sinopoli. Con Rigillo, Giancarlo Ratti, Stefano Sarcinelli, Anna Teresa Rossini, Claudia Campagnola.

Mariano, parliamo di questa divertente commedia, che si differenzia dalle altre che ha interpretato

In realtà è vero, interpreto una commedia differente dalle altre, ma in fondo non è spensierata come potrebbe sembrare. C’è un risvolto serio, problema molto sentito specialmente nella società italiana, soprattutto nel meridione. Sono molto lusingato – spiega il famoso attore a Visum – che gli autori, che hanno scritto a otto mani questa commedia, abbiano voluto assolutamente me e Anna Teresa Rossini nella loro programmazione di quest’anno. L’idea ci è piaciuta e abbiamo accettato di buon grado. Sono soddisfatto”.

Può anticipare qualcosa della trama?

La pièce vede al centro della scena il legame tra una figlia e un padre famoso regista teatrale e cinematografico anni ’70, un vero sciupafemmine. Una sera la figlia invita a cena due critici cinematografici che devono realizzare un’intervista al regista, che interpreto io. Questo incontro si trasformerà ben presto in una serata ricca di sorprese”.

Ha sempre fatto un teatro dove traspare un impegno sociale e politico. In questa pièce c’è?

Non sembrerebbe inizialmente, ma anche qui c’è. Si era partiti con l’intenzione di scrivere una commedia divertente, brillante, ma poi le sorprese non mancheranno. E’ un lavoro ben scritto drammaturgicamente e sorprendente nel contenuto”.

In teatro lei ha spaziato da Pirandello a Goldoni, da Shakespeare a Viviani. C’è un fil rouge che unisce questi ruoli senza contraddizioni?  

Io penso che essere attore significhi proprio cambiare continuamente; trasformarsi e interpretare ruoli differenti è il vero piacere di questo lavoro, dove la metamorfosi è ricorrente, a volte assoluta. Non amo quegli attori che fanno sempre la stessa parte da anni. Il bello dell’attore è proprio il cambiamento, la possibilità metamorfica e io ne sono affascinato”.

Quali sono stati i suoi registi preferiti dai quali è stato diretto?

Due in particolare: Orazio Costa, che ebbi come professore all’Accademia D’Arte Drammatica e Peppino Patroni Griffi, con il quale feci 11 spettacoli, creandosi un bel sodalizio artistico. Fu lui ad esaltare la mia napoletanità, che mi fece riscoprire la capacità espressiva della lingua napoletana, che arricchisce l’espressività”.

Voleva “rinnegare” di essere napoletano?

No per carità. Quando all’inizio della mia carriera frequentavo l’Accademia d’Arte Drammatica avevo l’idea dell’attore classico. Il mio sforzo fu quello di accantonare la mia napoletanità, soprattutto da un punto di vista fonetico. Ma nel 1967, proprio Patroni Griffi mi propose di riprendere due testi di Viviani. Dovetti recuperare la mia parte partenopea che avevo consapevolmente abbandonato. Così ho riscoperto ed arricchito la mia capacità espressiva”.

Progetti futuri?

Riportare in scena Ezra in gabbia, un testo scritto e diretto da Leonardo Petrillo, che ho fatto già il 16 ed il 17 novembre scorso al Teatro Goldoni di Venezia. Come direttore della Scuola del Teatro Stabile di Napoli, che mi onoro di dirigere, inizierò il 2° triennio di corsi per giovani talentuosi attori che vogliono avvicinarsi al teatro”.

Giancarlo Leone

 

Vi presento papà 

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