Parafransando Nikolaj Gogol Pierpaolo Palladino porta in scena, al Teatro della Cometa, un lavoro che terrà il palcoscenico dall’8 fino al successivo 20 gennaio, con Francesco Acquaroli.
L’ambientazione è la città di Roma ai tempi del Papa Re, quando lo scrittore russo, che vi abitò nel 1836, ebbe occasione di conoscere, tra gli altri, Giuseppe Gioacchino Belli che, francamente e per dirla con lo stesso Gogol, è la vera anima nera di questo simpatico lavoro del quale Francesco Acquaroli è interprete ineffabile, specialmente se consideriamo i suoi precedenti di attore abituato ad interpretare ruoli di “duro” all’interno di storie della malavita romana.
E proprio tutti questi intrecci, Roma, la malavita, l’ossessione di non essere se stessi è alla base dell’one man show al quale Acquaroli imprime un tono di sincera adesione ad una tecnica ancora ben gradita: la parodia.
Nello specifico ad essere parodiato è l’assessore russo Kovalyov del romanzo di Gogol “Il Naso di Gaeni”, (nel nostro spettacolo divenuto l’abate Corvallone) un uomo che svegliandosi una qualunque mattina si accorge di non avere più il naso sulla faccia: il suo naso si è trasformato in un’anima nera (ancora un riferimento all’omonimo romanzo di Gogol) e vaga gironzolando per la città di Roma qualificandosi per quello che non é.
I tentativi di Corvallone per recuperare il suo organo dell’olfatto vanno tutti perduti, anche perché il naso si spaccia, tra l’altro, per cardinale e la situazione assume i colori del paradosso quando lo stesso naso si accorge di essere inseguito da pregiudizi di carattere sociale che l’arte di Acquaroli ben esprime in un dialetto romanesco, ma colto ma sufficientemente colorito come l’ambientazione richiede.
Insomma, un paragone, un confronto sul filo del sottile tra Gogol russo e Gogol romano attraverso similitudini palpabili viziate da atti di sottomissione alla maniera di Fantozzi, che si conclude in maniera inaspettata che non staremo qui a raccontare per non rovinarvi il piacere di assistervi.
Certo è un fatto: tanto Gogol che Palladino, richiamandosi l’uno all’ambiente russo e l’altro alla Roma dei Papi, pongono a confronto due ambienti che in comune hanno tra loro valori effimeri quali il mantenimento del buon nome e la forma, valori che purtroppo si rendono validi in ogni tempo.
Il più che valido accompagnamento musicale è opera dei fratelli Pino, Flavio e Licia Cangialosi che hanno, rispettivamente, dato vita alle musiche, ai suoni delle tastiere, della chitarra e delle percussioni ed ai flauti ed alla voce.
Andrea Gentili