Soltanto per una serata, il primo gennaio, il teatro Ghione ha ospitato le esibizioni di Giandomenico Anellino (solo chitarra elettrica) e di Roberto Pambianchi (chitarra e voce straordinariamente simile a quella del mai dimenticato Lucio Battisti): due artisti di grande tecnica interpretativa in grado di ricordare il cantautore a venti anni dalla sua scomparsa.
Teatro, il Ghione, che con questa particolare esibizione si colloca ai primi posti anche della musicalità di classe, dell’esibizione ricercata, della spettacolarità non di cassetta, ma prettamente amatoriale, in grado di dare soddisfazione a tutti gli amanti del pop e del rock all’italiana dei quali Battisti è stato forse il più autorevole rappresentante attraverso la personalizzazione delle forme classiche di questi due generi, divenendo a suo tempo, ed ancora oggi, l’icona del tradizionale e del melodico insieme.
Le esibizioni dei due artisti in scena, certamente di classe, questa volta non sembra abbiano avuto la capacità di esaltare i presenti allo spettacolo non tanto per le loro qualità ma quanto, a nostro parere, per la mancanza di un filo conduttore della serata, una mancanza di regia, che ha dato l’impressione di una esibizione piatta, senza quel mordente che sarebbe stato invece il caso di imprimere allo spettacolo per conferirgli quella forza evocativa che Battisti merita completamente.
Anche se le dimostrazioni di abilità nell’uso della chitarra elettrica non sono mancate, tuttavia i due strumenti in campo hanno dato l’impressione di sovrastare l’animus della serata, che invece avrebbe dovuto essere caratterizzata anche da un minimo di commento, di introduzione sistematica alle belle canzoni che Lucio ha avuto modo di interpretare magistralmente guidato dalle espressive parole di Mogol.
Un merito va, comunque, ai due bravi ed appassionati interpreti di una esibizione che in ogni caso lascia il segno per il grande merito che ad essa deve essere ascritto, quello di aver ricordato un cantautore tra i più amati di tutti i tempi.
Andrea Gentili