Il Teatro della Cometa prosegue nella sua bella nelle scelte di rappresentazioni a largo raggio portando in scena, fino al 3 febbraio prossimo, un lavoro di Melania Giglio che interpreta, essa stessa, una parte particolarmente difficile, delicata, dai contorni di una personalità decisa ma altrettanto fragile come è stata quella di Edith Piaf.
È il 1960 e la scena si svolge nell’appartamento – prigione sito al piano terra di Boulevard Lannes, noto come “La Roulotte“: è li che si consuma l’ultimo dramma della vita dell’“usignolo”. Un apparente sconosciuto bussa alla sua porta e con grande gioia la cantante accoglie Bruno Coquatrix, l’impresario del celebre Olympia; un mondo ricordi si sovrappone al motivo per il quale Coquatrix si è presentato dalla ormai stremata Edith:attraverso di lei egli sta tentando di salvare il suo teatro dall’imminente fallimento.
Un barlume di gioia accende il volto della Piaf che inizia così un viaggio a ritroso nella sua vita: le scorrono davanti tutti i momenti che hanno contraddistinto il suo periodo dell’alcool, le sue malattie, i medicinali in dosi massicce che la condurranno poi a morte, i lutti patiti, gli amori sfumati, le speranza disattese.
Edith accetta la proposta dell’impresario e torna a cantare sul palco del “suo” Olympia per alcuni mesi, mesi di intensa felicità, l’ultima perché appena due anni dopo, il 10 ottobre 1963, durante una visita al marito Theophanis Lamboukas, in arte Théo Sarapo, che lei aveva lanciato nel mondo della canzone e con cui aveva inciso la canzone “À quoi ça sert l’amour“, muore per una broncopolmonite.
Lo spettacolo, grandissima opera dell’interprete del personaggio di Edith, Melania Giglio, è una turbolenza di delicatezza, una continua emozione che descrive egregiamente la vita della più grande cantante francese di ogni tempo: tutto è chiaro, tutto è facile da comprendere, tutto è emozione sul palcoscenico del Teatro della Cometa grazie alla incomparabile interpretazione di una assolutamente brava Melania che canta dal vivo le più grandi canzoni di Edith Piaf: da “L’accordeoniste” , a “La vie en rose“, fino a quel “Milord” che Georges Moustaki scrisse per lei.
Insomma, una perfetta, meritata dedica alla Piaf, una descrizione degli ultimi giorni della sua vita che la accorta regia di Daniele Salvo e le scene di Fabiana De Marco rendono appassionante, deliziosa nella sua tragica delicatezza, per un meritato omaggio ad una delle più belle voci della canzone della seconda metà del ventesimo secolo.
Andrea Gentili