Carlo Cecchi, dopo esser stato in cartellone all’Argentina di Roma e attualmente al Mercadante di Napoli, adatta e porta in scena da regista uno dei testi più belli e penetranti di Luigi Pirandello, rimaneggiandolo per renderlo ancora più incisivo, asciutto, caustico.
Privilegia l’aspetto di critica sociale, sacrificando per questo la sontuosità del testo originale. Pazienza. Ne risulta un lungo atto unico, novanta minuti complessivi, in cui Cecchi interpreta un Enrico IV ascetico, vestito con un saio. Ma è unicamente in queste vesti che la messa in scena riesce, che gli consente di non nascondere il disprezzo per la corte che recita per lui.
Inscenare la propria follia, ritirarsi dietro le quinte della realtà perché solo così è possibile contemplare le miserie e le ipocrisie della società è il nucleo del lavoro di Cecchi.
Un prezioso e valido l’artificio teatrale, e psicologico, adottato da un uomo che, a seguito di una caduta da cavallo nel corso di una rievocazione storica – questo l’antefatto escogitato da Pirandello – decide di fingersi mentalmente disturbato.
Convinto così di essere la personificazione dell’Imperatore Enrico IV di Franconia e di prolungare la sua recita-farsa delle miserie della sua corte-società. La sua follia è una rivalsa contro una società che pretende assoggettare chiunque alle proprie definizioni, alle proprie regole, ai propri standard. E unicamente giocando a essere folle, si mantiene la propria identità.
Curando la regia, Cecchi interviene sul testo riducendo drasticamente i lunghi monologhi in origine scritti per Ruggero Ruggeri; così facendo, ha anche sicuramente facilitato il pubblico nel seguire la sottile vicenda costantemente in equilibrio tra realtà e finzione.
A 150 anni dalla nascita, e a 95 dalla prima recita dell’Enrico IV, Luigi Pirandello ancora stupisce, dimostrando la sua straordinaria attualità: questo sottile testo drammaturgico rivendica l’importanza del libero pensiero e il messaggio è ancora valido per un’Italia contemporanea, dove elementi per de-stabilizzare la società sono presenti e continuamente in agguato.
Francesca Pistoia