Il fu Mattia Pascal al Ghione di Roma

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Molto giustamente, per la sua complessità e per il lungo svolgersi della vicenda, nel 1904, il filosofo siciliano ritenne di pubblicare a puntate il suo romanzo, un romanzo che riflette esattamente quelle che erano le sue personali vicissitudini in quel periodo della sua vita.

Felice Della Corte riesce ad interpretare, un testo difficile, complesso, con al centro un personaggio, anzi tre in uno, che parla di sepoltura di una identità, di apparente rinascita, di definitiva e comunque precario ritorno a nuova vita: lo fa sotto la accorta regia di un Claudio Boccaccini superlativo in grado di far tenere in un equilibrio esistenziale quei tre personaggi sempre in bilico tra morte e rinascita a nuova vita.

La complessa trama si svolge, dal 26 febbraio, sul palcoscenico del Teatro Ghione all’interno di una biblioteca polverosa nella quale viene sviluppato il pensiero pirandelliano che accosta il nome del protagonista Mattia Pascal, a quel senso di morte che aleggia su tutta la rappresentazione. Mattia (ovvero il matto) e Pascal (la Pasqua, la resurrezione) sono sinonimi di contraddittorietà che rappresentano in termini scenografici, sinteticamente, la vita di un personaggio che prima muore ed approfitta della sua morte per cambiare nome sfuggendo, egli crede, ad una serie di convenzioni sociali che però gli si frappongono come ostacoli nel corso della sua nuova vita alla quale auto assegna il nome umano di Adriano Meis.

Questo Adriano è un ottimo Felice Della Corte, dai mille risvolti simbolici risvolti che tenta di sfuggire al nulla di una vita posticcia conclusasi con un suicidio e con il definitivo riconoscimento della impossibilità di riconoscersi, sia come individuo che come essere sociale.

Una serie di incalzanti flash back vissuti all’interno della biblioteca e sollecitati da un amico che lo incalza, simbolo del tentativo di rinascita che Adriano pone in atto, illustrano la complessa vicenda e costituiscono il sintetico svolgimento di una tragicomica commedia, il racconto di una vita assurda descritta egregiamente in palcoscenico per evidenziare le tante infelici tappe che la costituiscono.

Il senso di prigionia che infonde all’interno della biblioteca dalle alte teche all’interno della quale si rinchiude simbolicamente il protagonista, grava su tutta la commedia ed è perfettamente adatto alla descrizione che il regista Claudio Boccaccini ha inteso imprimere al lavoro.

 

Alla perfetta riuscita del quale contribuisce uno staff molto ben affiatato composto da Titti Cerrone, Siddaharta Prestinari, Paolo Perinelli, Maurizio Greo, Marco Lupi e Livia Lucina Ferretti che, attraverso una simbolica seduta spiritica non priva di una sorta di contraddittoria comicità, riesce a sdrammatizzare alquanto l’angoscia della quale è intrisa la vita del protagonista.

Il Fu Mattia Pascal resterà in palcoscenico fino al 3 marzo prossimo con le ossessionanti scenografie, certamente adatte alla bisogna, di Giulia Colombo.

Andrea Gentili

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