Roma dagli albori della fotografia ad oggi attraverso percorsi tra le rovine, luoghi simbolo della cristianità, vie d’acqua, ville, orti e campagna. Antico e moderno.
Raccontano 180 anni di storia della fotografia e una Roma sparita le 320 immagini esposte a Palazzo Braschi fino al 22 settembre nella mostra Roma nella camera oscura curata da Simonetta Tozzi e Flavia Pesci. Vengono dall’ Archivio Fotografico del Museo che conserva più di 30mila positivi e 50mila negativi che vanno dal 1845 ad oggi.
Si passa attraverso l’evoluzione della tecnica fotografica, dagherrotipi, carte salate, calotipie, albumine, alla storia della città che cambia sotto l’incalzare del progresso. Un viaggio nella memoria alla ricerca di luoghi dimenticati che tornano velati di nostalgia e rimpianto. I fotografi sono i novelli artisti di una Roma che si appresta a diventare borghese, aperta alle novità del progresso. All’inizio il modello di riferimento è il ritratto, le vedute dei pittori, ma pian piano la fotografia assume contorni definiti conquistando sul campo il diritto alla propria originalità d’arte.
Il dagherrotipo inventato nel 1839 da Louis Daguerre viene fatto conoscere in Italia da Lorenzo Suscipj. Seguono le prime prove di calotipia del romano Ludovico Tuminello. I Pittori-Fotografi primo circolo fotografico d’Italia nasce a Roma nel 1845. Le prime opere in mostra sono due dagherrotipi su lastre di rame argentate ai vapori di iodio. Un’operazione da apprendisti stregoni che richiede competenze tecniche e lunghi tempi di posa. E costosa, un prodotto per ricchi.
Si passa quindi alle carte salate riproducibili delle vedute dei Fori e di Roma a volo d’uccello di Alfred Nicolas Normand, Eugène Constant, Frédéric Flachéron, Robert MacPherson, James Andersen. E di Giacomo Caneva che firma nel 1847 la veduta del Tempio di Vesta, la più antica foto su carta eseguita a Roma.
Curiosa l’immagine di un campo coltivato sotto il Tempio di Minerva Medica. I fotografi sono tangenti ai pittori, s’incontrano negli stessi luoghi, il Caffè Greco, e fanno le stesse cose. Frequenti le escursioni in aerostato nei cieli romani di artisti e fotografi, Ippolito Caffi. Giacomo Caneva. Il romantico Chiaro di luna al Foro Romano di Gioacchino Altobelli del 1866, è considerato uno dei primi effetti notturni nella storia della fotografia. Anche le foto sono soggette alla severa censura pontificia che in caso positivo appone il visto publicetur. Come si vede in due esemplari in mostra.
Se i percorsi fra le rovine fissati da Piranesi sono i soggetti preferiti dei fotografi e soddisfanno i turisti che portano a casa ricordi visivi d’immediato impatto, non mancano i contorni come Tivoli, Civita Castellana, l’incanto di Ninfa. Un fascino potente se l’archeologo inglese John Henry Parker commissiona a professionisti come Carlo Baldassarre Simelli, Adriano De Bonis, Charles Smeaton, Filippo Lais, la documentazione della Roma antica e monumentale, riunendo 3300 foto a corredo dei suoi 13 volumi sull’archeologia romana. Palazzo Braschi conserva 800 esemplari del Fondo Parker, alcuni in mostra.
La Basilica di San Pietro è un potente polo d’interesse. Robert Eaton immortala la Basilica con la Spina di Borgo ancora in piedi. Preziosa la foto di Adolfo Porry Pastorel che nel 1929, durante la stesura dei Patti Lateranensi, riprende come un paparazzo la folla adunata in piazza che aspetta l’esito sotto la pioggia.
Affascinante la sezione delle vie d’acqua, il fiume, gli acquedotti imperiali, le mostre d’acqua, le fontane. Ecco la veduta di Ponte e Castel Sant’Angelo di Chauffourier, il Porto di Ripetta che non esiste più di Pompeo Molins, il Castello dell’Acqua Claudia e la Riva del Tevere presso l’Emporio di Simelli con le anfore accatastate sul greto del fiume, i canottieri, i barcaroli sul Tevere. E i nuovi ponti costruiti da Pio IX. Dopo secoli d’inondazioni il nuovo governo dà avvio alla costruzione dei muraglioni che salvano Roma dalle piene ma spezzano il rapporto della città col suo fiume.
E’ il volto della nuova capitale nata con la Breccia di Porta Pia fissato da Ludovico Tuminello. Con i piani regolatori si ridisegna l’impianto della città, sorgono nuovi edifici pubblici. Nel ’36 l’inizio dell’abbattimento di Borgo per Via della Conciliazione e gli sventramenti nel centro storico per l’isolamento dei monumenti della romanità. Un’operazione di demolizione sistematica di intere porzioni di città storica documentata da una campagna fotografica (per i nostalgici si disse) affidata a fotografi guidati da Filippo Reale.
Negli stessi anni sorgono nuove costruzioni, lo Stadio dei Marmi, la Teca per l’Ara Pacis di Morpurgo fino alle costruzioni più recenti per le Olimpiadi del ’60. Infine la Roma contemporanea di Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Mario Cresci, Roberto Koch. Museo di Roma Palazzo Braschi – Piazza Navona 2 – Piazza San Pantaleo 10. Fino al 22 settembre 2019. Informazioni tel. 060608, www.museodiroma.it.
Laura Gigliotti