Un nemico del popolo, dramma ibseniano con la regia di Massimo Popolizio, in scena al Teatro Argentina di Roma e poi in tour, è un testo che non cessa di raccontare i rischi della Società Aperta, gli stessi che ogni società democratica corre quando chi la guida è corrotto. E, soprattutto, quando la maggioranza soggiace al giogo delle autorità pur di salvaguardare un qualsiasi interesse personale, proprio o collettivo.
Popolizio è anche interprete della pièce che racconta e rielabora l’epico duello tra fratelli un Caino e Abele moderni in lotta tra Bene e Male. Da un lato il sanitario che denuncia, l’anti-eroe, titanico e perdente Popolizio-Stockmann. Dall’altro, il fratello, sindaco, responsabile dello stabilimento termale “sospetto”, impregnato di scandali e clientelismo, restituito da una magnifica Maria Paiato in abiti maschili, con tanto di bastone e bombetta.
L’etica e sarcastica regia di Popolizio sceglie una rappresentazione come fossimo in una contea americana anni Trenta, con i ritmi delle ballate blues – affidate al fool del Villaggio – ad intercalare ciò che nell’atto unico lo spettatore progressivamente vede e ascolta: corruzione politica, occultamento di contaminazione ambientale, collusione della stampa, plauso della maggioranza. Ma, soprattutto, messa di bavaglio all’unica voce fuori dal coro, all’unica voce di denuncia, quella del medico Stockmann reo di aver tentato di squarciare il velo prima di omertà e poi di Maya.
Toccante il blues finale, con un Popolizio/Stockmann che sia avvia, in solitaria, in quella che è e sarà la strada di chiunque scelga di mettersi contro.
Gli restano accanto moglie e figlia (le attrici Francesca Ciocchetti e Maria Laila Ferdandez) restituendo ciò che la Famiglia davvero dovrebbe essere: un luogo di conforto e di tregua quando tutto nel mondo esterno scolora. Tranne la propria dignità.
Francesca Pistoia