Sere fa al Teatro Argentina di Roma è stato presentato un film documentario intitolato Il teatro al lavoro, un affascinante viaggio nel teatro prima del teatro con un magnetico Toni Servillo nei panni di un Virgilio altero, ma al tempo stesso umile. La regia del docufilm è firmata da Massimiliano Pacifico.
Il lavoro di Toni Servillo nella costruzione del personaggio di Donna Elvira, secondo la versione datane da Molière nel suo Don Giovanni è stata al centro di questo documentario. L’attore, nelle vesti di regista teatrale, guida i suoi tre giovani attori oltre le fatiche, mentali e fisiche, che presiedono alla creazione di Elvira, l’omonimo spettacolo prodotto dal Piccolo Teatro di Milano e da Teatri Uniti che Brigitte Jaques ha tratto dalle lezioni tenute da Louis Jouvet al Conservatorio di Parigi nel 1940.
Il teatro al lavoro è un affascinante viaggio nel teatro prima del teatro, là dove l’occhio indiscreto della cinepresa si trova a narrare la complessa opera di stratificazione, di lavoro, di scavo sul testo e su stessi, di indagine su gesto e parola intesi come segno espressivo e comunicativo volto all’altro da sé, al pubblico, allo spettatore.
Toni Servillo è magnetico e la sua capacità di attrarre l’attenzione nei panni di sé stesso, non ha nulla da invidiare a quella degli ormai leggendari personaggi cui ha prestato corpo e voce sul grande schermo.
Autentico mattatore del nostro cinema e del teatro contemporaneo, in questo docufilm l’attore guida i suoi giovani attori (Petra Valentini, Francesco Marino e Davide Cirri) e gli spettatori tra i gironi oscuri dell’avventura teatrale, luogo dove la vita tenta di riflettere su sé stessa e sulle proprie insanabili contraddizioni.
Trent’anni dopo Strehler, Toni Servillo incontra le riflessioni di Jouvet sul teatro con Elvira, accostandosi ad un personaggio attualissimo.
In merito a ciò, Servillo ha spiegato che:“Elvira porta il pubblico all’interno di un teatro chiuso, quasi a spiare tra platea e proscenio, con un maestro e un’allieva impegnati nel particolare momento di una vera e propria fenomenologia della creazione del personaggio. Trovo il complesso delle riflessioni di Jouvet particolarmente valido oggi per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia di essere svilito in questi tempi confusi. Dopo anni in cui le sue riflessioni sul teatro e sul lavoro di attore mi hanno fatto compagnia nell’affrontare repertori diversi, da Molière a Marivaux, da Eduardo a Goldoni, mi è parso necessario che arrivasse il momento di un incontro diretto”.
Giancarlo Leone