E’ stato presentato con una conferenza stampa alla Rai a Viale Mazzini il programma d’inchiesta Cose nostre, storie di persone, soprattutto donne, che si sono ribellate alla mafia. Quattro puntate in onda su Raiuno, in seconda serata, dal 4 al 25 luglio.
Cose nostre è un programma d’inchiesta, di storie di persone, soprattutto donne, che si sono ribellate alla mafia. Storie di giornalisti, imprenditori, amministratori pubblici e testimoni di giustizia che, rischiando in prima persona, hanno pagato un alto prezzo personale e professionale. Storie di chi ha sacrificato la propria vita, pur di non piegarsi allo strapotere della criminalità organizzata. Quattro puntate in onda su Raiuno, in seconda serata, dal 4 al 25 luglio.
Certo è che il programma ideato e condotto dalla giornalista Emilia Brandi, scritto con Michele Alberico, Vincenza Berti, Daniele Cortese, Sergio Leszczynski, Carlo Puca e la regia di Raffaele Maiolino ha un suo valore di racconto e di denuncia, da “servizio pubblico” ha detto la Direttrice di Raiuno, Teresa De Santis, che ha annunciato: “altri programmi di inchiesta, ma per il 2020. Questa serie nasce in seconda serata, ma facciamo anche speciali su questi temi, perché posso dire con orgoglio che Raiuno è la rete più vista dalle donne. Non nei palinsesti autunnali ancora in fase di ritocco e che saranno presentati il prossimo 9 luglio a Milano”.
La prima delle 4 puntate della nuova serie intitolata “Cose nostre. O cu nui o cu iddi” è dedicata a Maria Concetta Cacciola, sposa bambina di un ‘ndranghetista, costretta al suicidio dalla famiglia a soli 31 anni, perché aveva interrotto il circolo mafioso, denunciandolo. Cetta era una ragazza bella, giovane e piena di vita, che sognava per sé e per i suoi figli un’esistenza diversa da quella che i genitori volevano imporle.
La donna, infatti, aveva avuto la sfortuna di nascere i una famiglia di ‘ndrangheta di Rosarno, per l’appunto quella dei Cacciola, imparentata con i potenti Bellocco, padroni del malaffare nella Piana di Gioia Tauro. Lei stessa era sposata con Salvatore Figliuzzi, condannato in via definitiva nel “Processo Bosco Selvaggio”, quale soggetto affiliato al clan Bellocco.
L’11 maggio del 2011, Maria Concetta decise di svelare ai Carabinieri di Rosarno i segreti riguardanti i clan locali. Si aprì così un tira e molla interiore che la spinse prima ad affidarsi allo Stato, poi a ripensarci per le pressioni subite dalla madre e dal fratello, per rivolgersi nuovamente ai Carabinieri.
Ma, prima di poter essere messa in sicurezza dall’arma, Maria Concetta venne uccisa orribilmente, costretta ad ingerire acido muriatico. La ‘ndrangheta, anche servendosi di avvocati compiacenti, cercò di far passare la morte della donna come suicidio di una psicopatica.
Giancarlo Leone