Anche quest’anno presso il Giardino della Basilica di Sant’Alessio all’Aventino a Roma va in scena, fino al 4 agosto, la Rassegna Pirandelliana, con la Direzione artistica di Marcello Amici, giunta alla XXIII edizione. Nei giorni pari – martedì, giovedì e sabato – il regista Amici ha scelto Tutto per bene, opera scritta nel 1906 dal drammaturgo siciliano Luigi Pirandello.
Anche quest’anno presso il Giardino della Basilica di Sant’Alessio all’Aventino a Roma va in scena, fino al 4 agosto, la Rassegna Pirandelliana, con la Direzione artistica di Marcello Amici, giunta alla XXIII edizione. Nei giorni pari – martedì, giovedì, sabato – il regista Amici ha scelto Tutto per bene, opera scritta nel 1906 dal drammaturgo siciliano Luigi Pirandello.
La storia di questa pièce. Martino Lori, uomo modesto, umile, consigliere di Stato che da sedici anni coltiva la memoria della moglie portandole tutti i giorni i fiori sulla sua tomba ha una figlia, Palma, che sta per sposare un ricco blasonato, il marchese Flavio Gualdi. Nella festa nuziale Martino appare come un intruso e tutti, compresa la figlia, lo trattano con disprezzo. Ma c’è, ovviamente, una ragione per questo comportamento: tutti sanno che il vero padre di Palma è il senatore Salvo Manfroni, con il quale la moglie in tempi ormai lontani aveva intrattenuto una relazione.
Martino, che è l’unico a non sapere, è oggetto di scherno e disistima perché sono tutti convinti, compresa la presunta figlia, che egli abbia sempre saputo e taciuto per convenienza. Poi quando la verità gli viene rivelata, Lori si sente sprofondato nel nulla. Egli vorrebbe uscire dalla maschera che ha indossato inconsapevolmente per tanti anni, ma il suo sforzo è inutile. Egli non può fare altro che continuare a recitare consapevolmente la parte recitata inconsapevolmente per sedici anni.
Alla fine viene premiato e la grande sofferenza lenita dal riavvicinamento dell’adorata figlia putativa che riconosce in lui il “vero” padre, quello che l’ha veramente amata. Ma i giochi sono finiti, non gli resta che rimettere la maschera sul volto ripetendo come un ritornello ossessivo: “tutto per bene, tutto per bene”.
Alla fine tutto si aggiusta, tutto torna a posto, in un gioco in cui le carte si mescolano, dove l’essere e l’apparire si confondono, secondo un tema caro a Pirandello. Tutto l’umorismo e l’amarezza del drammaturgo siciliano sono condensati nel titolo di Tutto per bene. L’umorismo amaro di Pirandello risulta evidente da subito e per tutta la durata dello spettacolo, perché si appiccica addosso la netta sensazione, mai smentita, che niente vada per bene, niente. Altro che tutto per bene.
Luigi Pirandello cerca di rappresentarci la sua verità al di là dello schermo ingannevole delle convenzioni e dell’ipocrisia della società dell’epoca. Tutto per bene è una pièce di straordinaria ricchezza di intrecci, allusioni, cambiamenti di tono e sentimenti commoventi. Il drammaturgo dà a Martino Lori, personaggio chiave della commedia, una dimensione meno razionale dello stereotipo pirandelliano. La sua figura, molto umana, contrasta con la prepotenza e l’arroganza del potere.
Lo sviluppo drammaturgico sistema i vari tasselli della pièce in modo tale da costruire un mosaico perfetto: dei vari elementi che compongono la sua struttura teatrale – ossia la drammaturgia, la regia, l’interpretazione, la scenografia, i costumi – l’elemento clou indubbiamente è dato dalla regia.
Marcello Amici, analizzando il testo, ne ha messo in evidenza l’ambiguità, il gioco delle maschere, ha diretto gli attori esaltandone l’espressionismo vocale e gestuale, interpretando la parte del protagonista in modo magistrale, essendo padrone della scena, specialmente nel momento in cui gli viene rivelata la verità sulla sua non paternità.
Ottimo il cast di attori che compongono la commedia Tutto per bene da Maurizio Sparano (il senatore Salvo Manfroni), a Romina Delmonte (Palma), e ancora Valerio Rosati (il marchese Flavio Gualdi, novello sposo di Palma), Anna Varlese (la Barbetti, vedova Agliani, vedova Clarino), Emanuel Pascale (Carletto Clarino, suo figlio), Tiziana Narciso (la signorina Cei), Lucilla Di Pasquale (la contessa Venera Bongiani).
Le scene curate da Marcello de Lu Vrau, che mettono in evidenza i due velatini, collocati quasi al centro del palco, da dove escono e compaiono gli attori e gli eleganti costumi di Gianfranco Giannandrea, Anna Varlese e Lucilla Di Pasquale fanno il resto, rendendo il tutto piacevole.
Indubbiamente da vedere, imperdibile, per chi ama la filosofia pirandelliana, ma anche per gli amanti della cultura generale.
Giancarlo Leone