Recentemente si è tenuto presso l’Ar. Ma Teatro di Roma, il saggio che ha visto il debutto alla regia di Francesca Nicol Pentasuglia, proveniente dall’Accademia Internazionale del musical di Roma, allieva della nota attrice Donatella Pandimiglio, dell’adattamento de La voce umana di Jean Cocteau, liberamente tratto dall’opera dell’autore. Protagonista la giovane attrice Chiara Gambino proveniente dalla scuola Galante Garrone di Bologna.
La voce umana è un’opera del 1930 e rappresenta la pièce più celebre dello scrittore francese. Lo spettacolo è un monologo che vede sul palco la sola presenza di una donna e dello strumento che è il fondamentale tramite della sua interazione con il suo ex compagno: il telefono.
L’attrice interpreta il ruolo di una donna che vice la fine di una relazione d’amore e tenta ad ogni costo, morbosamente, di aggrapparsi a quel che ne rimane. Lo spettacolo si sviluppa in un dialogo simulato dove lo spettatore ascolta, ovviamente, le sole parole dell’attrice, ma può anche immaginare le risposte dell’uomo che nella finzione si trova dall’altro lato del telefono. Le pause, i silenzi, le movenze, si collocano sapientemente, grazie anche ad una valida regia che ha saputo dirigere il tutto con maestria e dovizia di particolari.
La voce umana è considerato, come già detto, uno dei capisaldi della recitazione femminile e nonostante la sua popolarità ha la capacità di non risultare mai banale, mai deja vu. La vicenda della donna che si strugge per amore sembrerebbe una cosa vista e rivista, per l’appunto, ma probabilmente è proprio grazie al fatto che la platea si può riconoscere in questo capolavoro, che questa trama non annoia.
Anche la scenografia, a corredo della pièce, gioca un ruolo fondamentale, con un’atmosfera ben studiata sin dall’inizio, a sipario aperto: una camera da letto, le luci soffuse, disordine, oggetti qua e là abbandonati, riflettono la condizione interiore di confusione della donna che vive il dramma di una solitudine che sembra inevitabile ma nella quale ella cerca di non sprofondare.
La donna, infatti, invoca più di una volta il suo ex compagno con parole tenere, come se non riuscisse a rinunciare all’idea della stabilità del rapporto ormai perduto. L’immagine chiave è quella della donna stremata dall’attesa della telefonata. In quell’attesa ogni attimo rema contro quel rapporto che si affievolisce e si va consumando e a ogni respiro si fa più ansimante, magistralmente accarezzato da varie musiche che incorniciano l’atmosfera.
La voce umana è un testo senza dubbio complesso, molto difficoltoso da interpretare in quanto, da un lato, impegna l’interprete a dare voce e animo anche al personaggio invisibile dell’uomo, dall’altro richiede un’autenticità assoluta dei sentimenti, per non cercare di cadere nella ripetitività.
Chiara Gambino, supportata dall’ottima, magistrale regia di Francesca Nicol Pentasuglia, alla sua prima prova registica e di grande responsabilità, si è confrontata con attrici del calibro quali Anna Magnani, con la regia di Roberto Rossellini, e si è dimostrata capace di far affiorare una sensibilità rara, riempiendo di senso e di vissuto alcuni passaggi. Se queste son le premesse per queste due giovani donne, regista ed attrice, ben vengano altri lavori teatrali, che sicuramente affineranno ancora di più le arti del mestiere.
Giancarlo Leone