Amici da una vita Agostino e Antonio sono cresciuti in un paesino dell’entroterra siciliano condividendo un’infanzia libera e felice e una tormentata adolescenza segnata dal desiderio di una vita diversa altrove. Si ritrovano anni dopo cambiati, delusi e amareggiati. Davanti a loro una lunga strada da percorrere e non solo come chilometri da fare.
Marco D’Amore e Vinicio Marchioni sono i protagonisti di Drive me Home per la regia di Simone Catania in sala dal 26 settembre. Film on the road sull’emigrazione, diversa da quella che riempie le cronache degli ultimi anni, Antonio e Agostino “sono italiani profondamente soli – dice il regista, che firma anche soggetto e sceneggiatura – anime perse alla ricerca di un’ancora di salvezza, di un valore che la generazione dei 30/40enni fatica a riconoscere: quello delle proprie origini”.
Ciro l’Immortale di Gomorra e il Freddo di Romanzo Criminale si incontrano per dare vita a due personaggi totalmente diversi da quelli che il pubblico è abituato a vedere. La testa rasata di D’Amore si ‘arricchisce’ di capelli: lunghi, incolti, unti. Folti baffi e barba, Agostino nasconde il suo volto, come si nasconde alla sua vita passata sul camion, che guida per lavoro attraverso le strade d’Europa. Restano i profondi occhi nocciola, quì carichi di rabbia e solitudine.
Marchioni- Antonio è un uomo al quale la terra sta letteralmente franando sotto i piedi. I debiti si stanno portando via la casa dove è cresciuto. Quella che ha visto l’amicizia con Agostino e il caldo ricordo degli abbracci materni. Anche lui, come l’amico, lontano dall’Italia da molti anni sente, in maniera forse solo istintiva, che è arrivato il momento di ‘tornare’.
“Agostino e Antonio si ritrovano diversi, totalmente cambiati. Il viaggio insieme – prosegue Simone Catania – li porta al confronto, sono uomini soli, come lupi si annusano, sospettosi, hanno quasi paura l’uno dell’altro, del pregiudizio”. Che soprattutto Agostino ha sentito in maniera feroce quando ha rivelato al padre (e mai all’amico) la sua omosessualità. “Pensavo ti avrei fatto schifo” dice ad Antonio.
Girato con pochi mezzi (“Con lo zaino in spalla” precisa Marco D’Amore) un film sull’amicizia maschile in molte delle sue declinazioni. E un film sul viaggio, che sa di asfalto, pneumatici e di terra. Quella che si calpesta per andarsene e quella che si cerca per tornare a casa.
4 settimane di riprese tra l’Italia e il nord Europa Drive me Home è stata un’occasione per la troupe e gli attori di vedere il nostro Paese da vicino
“Giro molto per lavoro – dice Vinicio Marchioni – e incontro sempre persone straordinarie. Durante le riprese siamo stati ospiti ovunque, anche nelle malghe più sperdute tra le montagne. Davanti ad un bicchiere di vino condiviso si sente una profonda vicinanza. C’è molta differenza tra la ‘guerra civile’ che sembra si combatta su tv e social e la realtà. Mi piace pensare che l’Italia non sia rappresentata dal raduno di Pontida. Vorrei parlare di cose belle e costruttive, dei 100 alberi che crescono e non dell’unico che cade. Cerchiamo di non alimentiamo l’odio”.
Dice Marco D’Amore: “Ho 38 anni e non c’è regione o provincia italiana dove non sia arrivato con il teatro. Il nostro Paese si fonda sulla diversità: nel dialetto, nel cibo e persino nel vivere la propria religiosità. E questa è una ricchezza, anzi una meraviglia alla quale non dobbiamo abituarci. L’immigrazione non è il problema principale del Paese, i problemi veri sono la mafia, la delinquenza e la collusione con la politica, la mancanza di lavoro e le opportunità per i giovani. Provenienza, colore della pelle, religione, questi non sono problemi. I problemi sono l’incapacità di stare insieme. La diversità è bellezza. Io voglio vivere in un mondo con gente diversa da me e possibilmente meglio di me”.
Tra gli altri interpreti in una significativa partecipazione Lou Castel è Karl. E poi Jennifer Ulrich (Emily)e Chiara Muscato nel ruolo della madre di Antonio.
Ludovica Mariani