Dal 28 settembre 2019 al 26 gennaio 2020 a Palazzo Roverella di Rovigo c’è un’esposizione dal titolo “Giapponismo Venti d’Oriente nell’arte europea 1860-1910”. E’ curata da Francesco Parisi.
L’esposizione promossa dal Comune di Rovigo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e l’Accademia dei Concordi, vuole decisamente fra conoscere tutto il vento artistico che percorse l’Europa partendo dagli anni ’60 dell’Ottocento, quando le opere giapponesi si conobbero. Questo fece sì che la pittura europea prendesse uno stile più sintetico e luminoso.
Se si pensa che le prime xilografie su carta di Hokusai, Utamaro, Hiroshige e altri, si conobbero all’inizio in Francia poiché servirono a incartare le ceramiche che venivano importate e vendute, si capisce come quest’arte giapponese si sia diffusa in tutta Europa cambiando totalmente la pittura, attenuatasi poi con il vento di guerra che si trasformò negli anni ’20 e ’30 del Novecento, divenendo un complessivo culto dell’Oriente.
La mostra, che si presenta in 4 sezioni, dà un’ampia panoramica degli artisti europei che hanno adottato questo genere, partendo dalla Francia all’Austria, dalla Germania all’Olanda, alla Boemia e all’Italia. Questo è dimostrato anche con opere originali giunte dal Giappone che furono oggetto di interesse e passione che poste vicino a quelle europee mostrano al meglio questa influenza.
Queste 4 sezioni per la prima volta in maniera organica, mostrano come non si stata influenzata solo la pittura e il disegno, ma anche l’architettura, arti applicate, manifesti, illustrazioni, e arredi, in quanto si riferiscono alle Esposizioni Universali che ci furono in quegli anni da quella di Londra del 1862 dove ì prodotti si videro in primis, alla Francia con le sue esposizioni del ’67 e ’78 che costituirono il punto di maggiore attrazione, fino all’esposizione del decennale dell’Unità d’Italia del 1911, dove l’influenza arrivò a influenzare artisti delle future generazioni.
Oltre ai capolavori di Gauguin, Toulouse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Moser, Ensor, Mucha, si potrà osservare il giapponismo che ha avuto influenza nelle opere inglesi di Albert Moore, John Lavery, Cristopher Dresser, fino ad arrivare a quelle italiane di De Nittis, Chini, Nomellini, Balla, Mancini, Fontanesi e Michetti; e poi ancora Pierre Bonnard, Ranson, Denis, Gallé e del belgi F.Knopff e Van der Velde.
Senza il giapponismo non avremmo avuto l’Arte Nova così chiamata in Italia. Una mostra decisamente istruttiva.
Anna Camia