La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta dal 22 settembre 2019 al 12 gennaio 2020 al MASI di Lugano la mostra dedicata a Marisa Merz (1926-2019), l’unica donna che ha fatto parte del gruppo Arte povera. E’ curata da Beatrice Merz in collaborazione con la Fondazione Merz.
Quest’esposizione fa parte di una serie di iniziative che mettono in luce artisti presenti nella Collezione Olgiati avvalendosi di prestiti di collezioni pubbliche e private, in gran parte svizzere. In questo caso si tratta anche di opere della Fondazione Merz. Marisa Merz è l’unica figura femminile che ha fatto parte del gruppo Arte povera, avendo un personalissimo successo e quest’esposizione mette in luce in particolare il tema della figura, tema ricorrente nelle sue opere.
Le realizzazioni esposte sono più di 50 e trattano l’intero ciclo della ricerca dell’artista, dal disegno su vari supporti, alla scultura in argilla cruda. Dagli anni ’70 in poi ecco arrivare la bella tessitura in fili di rame o nylon che diviene opera compiutamente ambientale, come si può notare nell’esposizione con “Senza Titolo” del 1979, in fili di rame lavorati a maglia, opera che da allora non era mai stata più esposta.
Si prosegue poi con una serie di realizzazioni che comprendono disegni e tecniche miste su vari supporti, alcuni inediti, che con la serie delle testine di creta, interessano il percorso seguito dagli anni ’80 mostrando tutto lo svolgimento della ricerca della Merz riguardante la tematica ricorrente nella sua ultima produzione, cioè la figura e in particolare le teste. Come scritto in catalogo dalla curatrice “Il percorso della mostra è il disegno per permettere alle singole opere di intrattenere una dialogo serrato tra loro creando, così, un campo di forza scandito da una successione di volti sconosciuti e trasfigurati, ma profondamente reali”; volti e figure che “sono eseguiti attraverso la sovrapposizione dei segni e materie, in un ritmo quasi ossessivo”.
Il titolo della mostra che è una frase autografa dell’artista “Geometrie sconnesse palpiti geometrici”, posta all’ingresso della sua casa-studio, è una direttrice verso la sua ricerca personale che quest’esposizione vuol far comprendere al meglio.
Arte povera sì per i materiali con i quali è composta, ma interessantissima per come questi sono stati impiegati in una ricerca artistica di grande valore.
Emilia Dodi