Nella Galleria Nazionale delle Marche di Palazzo Ducale a Urbino dal 3 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020 è presentata la mostra “Raffaello e gli Amici di Urbino” curata da Barbara Agosti e Silvia Ginsburg.
Raffaello Sanzio non poteva che divenire un grande artista nascendo a Urbino, educandosi alla bottega del padre, confrontandosi con gli artisti che al suo tempo erano presenti alla Corte Ducale dei Montefeltro. Il suo valore intrinseco ebbe modo di svilupparsi anche per l’aria intellettuale che si respirava a Urbino e poi il trasferimento a Roma chiamato da Papa Leone X gli diede la possibilità di sviluppare al meglio quanto appreso portando un mutamento che le idee nuove tra ‘400 e ‘500 si svilupparono poi in tutta Europa.
Quest’esposizione prodotta e organizzata dal Polo Museale delle Marche, non vuol togliere nulla alla grandezza di Raffaello, vuole invece far comprendere come siano state proprio le sue frequentazioni in giovinezza e questi esempi, a permettergli di esplicitare tutta la sua genialità. Certamente non è da disconoscersi il ruolo che artisti del calibro del Perugino e Luca Signorelli abbiano pesato sui primi lavori dell’artista umbro, ma anche le realizzazioni dei concittadini Girolamo Menga e Timoteo Viti mediati al periodo fiorentino ebbero una grande valore sullo sviluppo della sua grandezza a Roma.
Le curatrici della mostra a questo proposito asseriscono: “E’ muovendo dal retroterra comune, dalle esperienze condivise, e dal confronto con le differenti reazioni di fronte ad analoghe sollecitazioni di cultura figurativa, che meglio risalta l’eccezionale stacco compiuto dal giovane Raffello, e che si intendono i caratteri e i limiti dei percorsi degli artisti urbinati contemporaneamente a lui in quel momento più legati”.
E fanno presente come nella nuova scuola raffaellesca del periodo di Papa Leone X che nacquero le basi per vedere le opere di Raffaellino del Colle del quale si è tenuta di recente una mostra, e nell’omaggio che Genga continuò dopo la morte di Raffaello. E infine le curatrici in catalogo, fanno comprendere proprio come il passaggio tra ‘400 e ‘500 abbia portato le prime adesioni alle novità di Leonardo nella dolcezza dei colori e nelle espressioni figurative.
Un’esposizione particolarmente istruttiva.
Emilia Dodi