Scade il 3 novembre 2019 la grande antologica dedicata a Luigi Boille importante artista del secondo Novecento dedito all’informale, con 80 opere che vanno agli anni 1958 al 2015, al Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma. E’ curata da Claudia Terenzi e Bruno Alter con catalogo edito dall’Archivio Boille.
Questa è la prima antologica che viene riservata a Roma a questo importante Maestro che ha dedicato la sua vita all’informale con la particolarità della ricerca del segno che si è evoluto nel tempo restando sempre il suo punto focale.
Luigi Boille che ci ha lasciato nel 2015, è un artista che dopo gli studi accademici e la laurea in architettura si è trasferito nel 1950 a Parigi, mentre a Roma imperava il neorealismo. Entrato in contatto con la famosa Ecole de Paris e i grandi artisti del tempo, presentato in Giappone da Michel Tapié che lo ha inserito nel ciclo dell’Art Autre, tenuto in considerazione da Pierre Restany, ripresi i contatti con l’Italia tramite Giulio Carlo Argan, è rientrato a Roma.
Boille che ha iniziato come architetto dedicandosi poi all’arte visiva, alla fine degli anni’ 50 ha avuto un breve periodo convergente con la Scuola di New York. La mostra si apre proprio con le tele realizzate alla fine degli anni ’50 sia con quelle decisamente segniche, che con quelle dove il colore si espande, creando forti tensioni tra zone d’ombra e dove predomina il colore.
In seguito dal 1958 al 2015 c’è il periodo delle opere su carta mentre una sezione dell’esposizione è dedicata ai dipinti realizzati tra il 1964 al 1966 quando l’artista invitato dal critico Lawrence Alloway, con Capogrossi, Fontana e Castellani, rappresentò la nostra Nazione a New York al Guggeheim International Award. Prosegue con le cinque grandi opere che l’artista ha presentato alla XXXIII Biennale di Venezia nonché, quelle realizzate dal 1972 al 2000 nelle quali predomina il giallo, colore che Boille ha impiegato spesso perché rende ai segni sottili una luce più intensa.
Segue la sezione dedicata tra gli anni ’70 e ’80 dove il segno è più incisivo su un’ampia varietà coloristica, diventa molto sottile quasi leggero e a volte più spesso e quasi in rilievo nelle centralità e nelle tracce di luce. Negli anni ’90 i segni appaiono più erti e più articolati. L’ultima sezione comprende le opere create tra il 1997 e il 2015 dove è il colore che diviene più intenso del segno. Unitile scrivere di tutte le mostre che ha tenuto nel mondo e tutti i musei nazionali e internazionali che posseggono sue opere, basterà citare la GNAM di Roma, la GAM di Torino, l’Hirshhorn Museum of Modern Art di Washington, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, il Museo del Novecento a Firenze, il MACRO e la GAM di Roma.
Emilia Dodi