Annibale Rucello, commediografo oltre che attore, saggista e regista teatrale, scrisse nel 1985 questo inno all’indagine introspettiva della mente umana. Un lavoro dal testo impeccabile che per il teatro italiano di oggigiorno, è da definirsi un vero e proprio best seller in materia, e che il teatro della Cometa porta in scena dallo scorso 30 ottobre per restarvi fino al 10 novembre.
Grottesca ed epica al tempo stesso la trama di questo lavoro basato su un personaggio principale, la baronessa Clotilde e sulla sua serva (che è anche sua cugina) Gesualda, che si odiano profondamente; la prima perché di carattere rancoroso, la seconda perché divenuta ormai insofferente verso le angherie alle quali Clotilde la sottopone nel corso di una vita piatta, ma caratterizzata dai debiti della stessa Clotilde, debiti che la inducono al rancore verso chiunque e che sfoga attraverso una esposizione dialettale strettamente napoletana.
Corre l’anno 1870 e la baronessa, contraria all’arrivo dei piemontesi a Napoli, si rinchiude, forse per protesta ma forse più per protezione, nel suo palazzo, villa Lucanigro all’interno del quale costringe chi lo frequenta a sostenere il suo modo assurdo di vivere; assurdo ma piatto, senza alcuna emozione salvo che per le velenose sfuriate della padrona.
D’un tratto si accende una luce: viene a far visita alla zia Clotilde un suo lontano nipote, Ferdinando, appunto, che sconvolge la piatta vita del palazzo e crea gelosie fra le donne che lo abitano, le quali entrano in conflitto fra loro, cercando di accaparrarsene le grazie, dando vita ad un vero e proprio scompiglio che genera reazioni incontrollate, ma che soprattutto porta alla luce le vere personalità dei personaggi in campo, scoperchiando un vaso di Pandora ripieno di tanti inconfessabili umani segreti.
Un misto di gelosie femminili, ma anche un sotteso eros, emergono dagli scontri che vengono a crearsi tra le donne della casa, le quali evidenziano i loro veri caratteri al di là di ciò che i naturali freni inibitori, dovrebbero contenere perché spinte anche dagli ambugui atteggiamenti del giovane, che furbescamente approfitta della situazione.
Più che un lavoro teatrale la regista Nadia Baldi si trova a dirigere un vero e proprio trattato di psicologia, esposto in forma a volte comica a volte drammatica, riuscendo a dar vita ad un mix di riusciti tentativi di sondaggio psicologico dell’interiore dei quattro personaggi in scena, tutti egualmente grandi interpreti: Gea Martire, Chiara Baffi, Fulvio Cauteruccio e Francesco Roccasecca. I quattro riescono a rendere assolutamente appetibile una storia semplice e complessa al tempo stesso, attraverso la ricchezza delle loro interpretazioni che riescono a creare un pathos interiore nell’animo e nella mente dello spettatore, anche il più insensibile.
Andrea Gentili