Colpito al cuore dall’amico fraterno Genny Savastano, Ciro Di Marzio sprofonda nelle acque del golfo di Napoli. Mentre la sua vita si spegne tornano alla mente le immagini della prima infanzia e del terribile terremoto che nel 1980 squassa la città partenopea inghiottendo palazzi e vite umane. Anche quella della mamma di Ciro che proteggendo con il suo corpo il neonato non solo gli salva la vita ma gli imprime come un marchio: da allora il piccolo Ciro sarà per tutti l’Immortale.
Marco D’Amore firma la sua prima regia cinematografica dopo aver diretto 2 episodi della 4 serie di Gomorra, tornando a dare corpo al personaggio che l’ha reso famoso e amatissimo dal numeroso pubblico della serie tv targata Sky e tratta dal libro di Roberto Saviano.
L’Immortale non è ne un prequel e neppure un sequel ma l’anello di congiunzione tra la 4° e la 5° serie (ancora in fase di scrittura) di Gomorra, pur restando un film a se, con una storia densa, romantica e terribile come il suo protagonista.
“In Ciro c’è bellezza e orrore – dice Marco D’Amore (autore anche di soggetto e sceneggiatura)- come in alcuni personaggi delle tragedie shakespeariane. Per quanto mi riguarda – prosegue l’attore –sono da sempre ossessionato dalle storie. E su Ciro c’era ancora tanto da raccontare. L’importante per me era di non tradire il pubblico intelligente e aperto che segue Gomorra ma anche di coinvolgere chi non ha mai visto la serie. Questo film è un racconto popolare di dolore e amore, volevo arrivare al cuore degli spettatori, volevo che si innamorassero della storia tanto da farla propria e raccontarla a loro volta. Il film è ora della gente”. Che sta affollando le sale fin dall’uscita lo scorso 5 dicembre, e dopo il debutto da record ha continuato a richiamare molti spettatori anche nel weekend.
Ad appassionare il pubblico la storia dell’ascesa nel mondo della criminalità di Ciro (il piccolo Giuseppe Aiello) che ritroviamo dieci anni dopo il terremoto in una Napoli distrutta e in mano ai piccoli delinquenti e alla loro ‘paranza’ fatta di bambini abbandonati senza casa e famiglia. La famiglia di Ciro si chiama Bruno (da giovane interpretato da Giovanni Vastarella) un poveraccio che campa rubando e rivendendo stereo e sogna di fare il salto di qualità con il contrabbando di sigarette.
“Sono coetaneo di Ciro – dice D’Amore nato a Caserta nel 1981 – e ho visto l’ascesa della criminalità organizzata nella città (Napoli) disastrata tra una ricostruzione mai avvenuta e saccheggiata dalla speculazione edilizia. I ragazzini di strada, poveri, soli venivano intercettati dai criminali diventandone la manovalanza. E pure la malavita si evolve e da contrabbandieri i criminali capiscono che i soldi veri sono altrove e diventano spacciatori e assassini.”
Riemerso dalle acque del golfo, Di Marzio da tutti creduto morto, si trasferisce a Riga per gestire il traffico di droga tra la Campania e la capitale lettone. Qui ritrova il suo ‘maestro’ Bruno (Salvatore D’Onofrio) e la sua famiglia che operano nel mondo delle contraffazioni di abiti e calzature firmate. Un lavoro di basso livello che porta pochi soldi e fa sentire Bruno e i suoi soci ai margini. L’arrivo di Ciro e la possibilità di passare nel giro importante dei trafficanti metterà in moto una serie di avvenimenti dalle conseguenze dirompenti.
La storia prosegue con continui flashback e mentre nel presente Ciro affronta raffiche di mitra, violentissime bande rivali che si contendono il territorio, la gestione dello spaccio e persino una specie di innamoramento per la donna forte del suo gruppo spesso la dolorosa memoria di Ciro torna indietro nel tempo: ad un altro infantile amore, ai colpi di pistola che subito gli tolgono l’infanzia portandolo irrimediabilmente su una strada senza uscita, ad una vita senza redenzione.
Scritto con Maddalena Ravagli, Francesco Ghiaccio, Giulia Forgione e Leonardo Fasoli, l’opera prima di Marco D’Amore è prodotta da Cattleya con Vision Distribution in collaborazione con Sky Timvision e BetaFilm.
Ludovica Mariani