Che il Teatro Eliseo si trovi a vivere attualmente, come tanti altri teatri italiani, una notevole situazione di crisi economica, è cosa nota e più volte evidenziata dal suo stesso direttore artistico Luca Barbareschi, ma è altrettanto vero che proprio lo stesso Barbareschi si sta prodigando per tenere alto il tono del suo notevole cartellone il quale, secondo una negativa previsione del medesimo, potrebbe definitivamente cessare alla fine di aprile del prossimo anno (cosa questa ribadita dall’attore di origine lombarda ma nato a Montevideo, in Uruguay, al termine della prima che si è tenuta ieri sera nel teatro da lui diretto).
David Hare, l’autore del testo che Barbareschi mette in scena nel prestigioso teatro romano dal 17 dicembre al 5 gennaio 2020, è uno dei più interessanti autori inglesi contemporanei e questo suo lavoro riflette stati d’animo e situazioni tipiche della nostra epoca, situazioni che si concretizzano con veri e propri incontri-scontri nelle relazioni uomo-donna, esaminati sotto un profilo fortemente psicologico in grado di descrivere sottilmente tali rapporti avendo alla base la logica politica e sociale contemporanei.
Saverio ed Elisabetta sono due ex amanti: lei governante della moglie di Saverio al tempo in cui quest’ultima era gravemente ammalata, lui uomo in affari dedito a far soldi, ma fortemente critico nei confronti degli atteggiamenti di Elisabetta che è, al contrario di lui, impegnata nel sociale. Lui è un ricco edonista, lei è una donna piena di ideali che Saverio non solo non condivide ma nemmeno è in grado di comprendere perché, è cosa di ogni tempo, “pancia piena non pensa a pancia vuota”.
Quando muore la moglie di Saverio la relazione extraconiugale tra i due improvvisamente cessa con la fuga non annunciata di Elisabetta che, forse, in un momento in cui riesce a calarsi nel personaggio retto e socialmente rispettoso delle regole che propugna, scompare dalla portata di Saverio.
Passano tre anni e Saverio tenta un riavvicinamento mandando in avanscoperta ad Elisabetta suo figlio, per far sì che le due solitudini che si sono create con la improvvisa separazione tra i due, possano diventare almeno qualcosa di solidale: l’operazione non sortisce grande effetto ed allora Saverio si presenta alla porta di Elisabetta per affrontarla nel tentativo di appianare tutte le difficoltà esistenziali esistenti tra di loro: la scena dell’improvviso riavvicinamento è colma di interrogativi, di pensieri, di affetti che tardano a riemergere anche se le passioni tra di loro certamente sono ancora fortemente attive, vive e vegete.
Lo scontro esistenziale tra i due è colmo di contraddizioni ideologiche, di sensi di colpa reciproci e, in sostanza, è la vera e propria ratifica dell’insanabile dissidio tra di loro, un dissidio fatto di solitudini, di differenze di età, di atteggiamenti a carattere sociale: conformista ed edonista lui, socialmente impegnata ed anticonformista lei.
Quanto allo spettacolo in se, Barbareschi ne è il traduttore dal testo originale, lo sceneggiatore, il regista, l’interprete maschile, mentre l’ottima Lucrezia Lante della Rovere ne è la protagonista femminile: entrambi di alto livello ( anche se le battute di Barbareschi dopo una notte passata insieme e relative alle fatiche di un rapporto amoroso consumato si con passione, ma che lo lascia indolenzito, non appaiono consone al livello dello spettacolo come pure qualche altra battuta, che vorrebbe imprimere un che di comico ad un testo che comico non è e non può essere ).
Semplice ed efficace la sceneggiatura che perfettamente descrive lo status sociale di Elisabetta, perfetta e senza una crepa la regia di Barbareschi che di questo spettacolo è il vero e proprio mattatore, molto apprezzabile l’appello di Luca al Governo affinché non abbandoni tanto l’Eliseo che il teatro in genere.
Una unica lacuna, da eliminare: l’acustica, negativa, che rende spesso incomprensibile ed ostacola una completa assimilazione del grande valore della recitazione.
Andrea Gentili