Il Palazzo delle Esposizioni di Roma presenta dall’11 febbraio al 2 giugno 2020 un’antologica del celebre artista americano Jim Dine. E’ realizzata in collaborazione con l’Artista e curata da Daniela Lancioni. Catalogo Quodibet Macerata.
Il Palazzo delle Esposizioni di Roma torna alle grandi mostre di pittura con il celebre artista americano Jim Dine ( 1935) presentando una grande antologica che comprende tutto il suo lavoro, dai famosi Happening del 1960 presentati con un apparato iconografico esaustivo che saranno raccontati dalla voce dello stesso Jim Dine, alle realizzazioni fino al 2016. Tutto ciò con 60 opere tra le quali molte iconiche provenienti da musei e collezioni private europee e americane, come il Centre George Pompidou di Parigi, e altri. La mostra è promossa da Roma Capitale, ideata e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in stretta collaborazione con l’artista.
Jim Dine è uno dei protagonisti dell’arte contemporanea americana, che ha influenzato tutta la cultura visiva contemporanea con il suo lavoro innovativo e particolare che non si può inserire in alcun movimento specifico. L’artista a questo tiene molto data la sua grande volontà d’indipendenza, dimostrata dalla sua biografia e dai suoi lavori molto aderenti alle vicende vissute. La mostra avrà un criterio cronologico e sarà preceduta da una biografia stampata sul muro corredata da una selezione di documenti. I contenuti permetteranno di accompagnare i visitatori durante il percorso grazie a un QR code.
I primi lavori esposti saranno dei piccoli dipinti su tela e acquarelli del 1959 dove in ognuno si vede una testa staccata dal corpo (Head), medesimo soggetto apparirà a fine esposizione dove si vedrà ingigantito il dittico del 2016 dal titolo “Two Large Voices Against Everything”. Seguiranno poi gli happening mediante foto iconografiche dei maggiori fotografi dell’epoca che saranno unite a un audio registrato da Dine. Una grande sezione riguarderà le opere iconiche dal 1960 al 1963, dove è esposta la tematica di Dine: strumenti del lavoro, la tavolozza del pittore, e gli indumenti. Tra le opere in mostra una, per tutte: Four Rooms del 1962, quattro grani tele e elementi dislocati nello spazio. Saranno inoltre esposti molti dei lavori presentati alla Biennale di Venezia del 1964.
Una sezione sarà dedicata al periodo 1964-65 dove faranno bella mostra le sculture in alluminio come Red Axe e Large Boot Lying Down e i dipinti inerenti il suo autoritratto dove l’artista dipingeva gli indumenti vuotati dalla figura, come Stephen Hands Path del 1964. Ai celebri cuori di Dine sarà dedicata una sala dove sarà visibile quello di paglia Straw Heart e Green Hand opere del 1967 esposte al Whitney Museum of Arts.
Nell’ultima delle sei sale che circondano la rotonda ci saranno le Veneri, sculture derivanti dal modello della Venere di Milo alle quali Jim Dine lavora dalla fine anni ’70. La mostra prosegue con opere degli anni più vicini e una serie di Pinocchio che dimostrano l’amore dell’artista per il testo di Collodi e per il suo significato.
Questo per sommi capi perché lo spazio è tiranno. Sarà una mostra da non perdere.
Emilia Dodi