Paolo Nori torna in libreria e con “Che dispiacere” si misura col romanzo giallo, una novità per lui e per il genere, perché la sua indagine su Bernardo Barigazzi, è un’investigazione sinfonica che riguarda tutti i personaggi coinvolti nel caso di omicidio del giovane ultrà Manuel Carrettieri e che concentrandosi sulle abitudini di Barigazzi, che vive sotto pseudonimo svela man mano in una sorta di gioco del domino le doppie facce, i volti diversi, i segreti di ogni attore di questa commedia nera ambientata a Bologna. Visum l’ha intervistato.
“Un po’ di anni fa, un libraio di Campobasso, infastidito dall’invadenza dei gialli, mi ha detto che, quando un lettore entrava nella sua libreria e gli chiedeva di consigliarli un giallo, lui gli consigliava Delitto e castigo. Questa testimonianza ha agito su di me (che non ero un grande lettore di gialli, con delle eccezione, come Rex Stout e il suo Nero Wolfe), in senso inverso, cioè mi sono detto: Se anche Dostoevskij usa il pedale del giallo (non solo in Delitto e castigo, anche nei Fratelli Karamazov, per esempio) perché non devo usarlo io? E ho cominciato a leggere dei gialli e sono una quindicina d’anni che ne leggo e adesso ho provato a buttarmi sul genere sperimentando anche una scrittura in terza persona che non mi ero mai azzardato a praticare”.
“In questi ultimi anni, chissà perché, mi è tornata una passione giovanile, quella per il calcio, che per un po’ di tempo avevo tenuto da parte (quest’anno ho fatto anche l’abbonamento al Parma e ho visto quasi tutte le partite in casa, finché si è potuto). L’idea di Che dispiacere, un quotidiano che esce solo il giorno dopo le sconfitte della Juventus, i cui lettori si presume siano i tantissimi non juventini che ci sono in Italia, credo mi sia venuta in conseguenza di questo ritorno di fiamma e mi sembrava un buon pretesto per cominciare questa serie di romanzi”.
“I romanzi per me sono degli strumenti per capire il mondo e per alcuni dei miei personaggi è così (non so se è così per De Crescenzo, che è anche un lettore di letteratura italiana contemporanea ma è, soprattutto, un appassionato di musica italiana)”.
“Barigazzi, se non ricordo male, ha l’impressione che, quando trova il coraggio di raccogliere il materiale per la dichiarazione dei redditi, sta affrontando la realtà. L’interrogatorio al Commissariato Santa Viola gli ricorda questa esperienza e, per quanto possa sembrare incredibile, la sensazione che ne ricava è, in parte, piacevole”.
“Credo che in molti, soprattutto d’inverno, ormai, si vestano di nero (io per primo); ho l’impressione di avere semplicemente registrato un fatto. Le pareti dei luoghi pubblici hanno spesso dei colori imbarazzanti, mi sembra”.
“Una delle esperienze più interessanti della mia vita recente è stato un viaggio a Auschwitz e a Birkenau con la Fondazione Fossoli, di Carpi. Ho scoperto che una storica del museo di Birkenau ha formulato un’ipotesi botanica, sulla shoah: ha scritto che chi sa la verità sono le betulle di Birkenau, che sono proprio le stesse betulle che c’erano allora. In questo senso anche i cani e i gatti che ci sono dentro i romanzi conoscono delle verità, chissà se sono interessati alle stesse verità che interessano noi”.
“È stata una cosa nuova, per me. Mi sono molto divertito, a scriverlo e a riscriverlo, e una parte molto interessante è stata la revisione finale. Mi sono accorto che, se scrivi un romanzo in prima persona e ci sono delle contraddizioni, è il personaggio che si contraddice, e può essere un tratto affascinante. Se scrivi un romanzo in terza persona e ci sono delle contraddizioni è un marone, nel senso di un errore, devi cancellarle, quelle contraddizioni. E un po’ ne ho trovate e cancellate, chissà, se ne sono rimaste. Ma, in generale, l’impressione è di aver trovato un gioco nuovo”.
Cristina Marra